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Parendo a questi baroni la terra comoda, accettorono l’invito e messisi insieme tutti li primi e migliori, tra li quali furono Roberto da Santa Sofia et Enrico Petrapalomba todesco, entrorono in Corneto, dandosi a preparare tutte le cose opportune a la difesa; come furono a tavola per cenare, levatisi li cornetani in arme, secondo l’ordine tra lor dato, li presono e legorno (eccetti alcuni pochi che fuggirno) e li presentorono nudi a li condottieri di Carlo. Furono li presi cento e sei, de li quali cento e tre ne furono impiccati li; li altri tre furono mandati a Melfi e li furono decapitati. Molti simili casi e grandi esempli di crudeltá e di sevizia sostenne in quell’anno, tra la vittoria e la morte di Corradino, la Puglia e la Basilicata, in modo che non fu casa, per quanto si legge, che per robba o per sangue, lacrime e dolore non sentisse. Simili calamitá, direpzioni e incendi e ruine senti ancora l’isola di Sicilia, tanto che in fine l’una e l’altra ben castigate e mal contente deposeno le armi e a Carlo il regno pacifico lasciorono. Fece poi molte cavalcate Carlo a Roma e a Viterbo e in Toscana, per componere le cose de la Chiesa e de li amici suoi. Andò con l’armata in Africa al soccorso del re Lodovico di Francia suo fratello, che assediava Tunisi di Barbaria; e il di che arrivò in terra, Lodovico passò di questa vita. E credendo Carlo trovarlo infermo, come lo vide morto, si pose inginocchione e prostrato in terra orò brevemente a Dio; poi levato senza segno alcuno di mestizia, confortò l’esercito a stare di buon animo, e diedesi a continuare l’impresa. Fece dui fatti d’arme co’ saracini: nel primo ne ammazzò tre mila, nel secondo li cacciò e mésseli a saccomanno il campo. Al fine, venuta la pestilenza in Tunisi e nel campo, feciono tregua per dieci anni con onorevoli condizioni: e tra le altre, che li saracini pagassino le spese di quella guerra e che a Carlo rispondessino ogni anno il tributo, il quale erano consueti a pagare al re di Sicilia. Il che fatto, Carlo se ne tornò nel reame, ove ne l’anno 1276 la damigella Maria, figliuola del principe di Antiochia, li rassegnò e détte tutte