Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Compendio de le istorie del Regno di Napoli, 1929 – BEIC 1787614.djvu/182

che fu poi santificato, in Damiata di Egitto, menò con seco il re Carlo predetto suo fratello, e ambidui furono in battaglia presi da’ saracini, e furono regalmente tenuti e regalmente rilassati. E però il re Piero d’Aragona esprobrando in una sua lettera a Carlo la sua iniquitá, che non aveva servato quella ragione verso Corradino, che avevano servato li saracini verso lui, tra le altre li dice queste parole: Tu Nerone Neronior et Saracenis crudelior, cioè: Tu sei stato piú Nerone che Nerone e piú crudele che li saracini. E però molto ancora errarono li iurisconsulti di quelli tempi a interpretare male una sentenza di Augustino dottore ecclesiastico, il quale dice, nel Decreto, che il vincitore è obbligato fare misericordia al vinto, massimamente ove non è sospetto di turbazione de la pace. Ugolino, commentator ilei Decreto, interpretò quella parola massimamente che volesse dire solamente: in questo senso secondo loro, che a quelli solamente perdonare si deve, da chi non si teme turbazione di pace, e non ad altri. Per la quale interpretazione inumana e fuora d’ogni latina intelligenza e contra la mente di Agostino, dice Giovanni da Lignano eccellente canonista che a Corradino fece il re Carlo tagliar la testa. La qual cosa in tanto dispiacque ancora a li amici del re Carlo, che si legge che Roberto conte di Fiandra, che era suo genero, pieno di generosa indignazione, passò con uno stocco.e ammazzò colui che lesse la sentenza, parendoli indegno di vita quello che, essendo di vilissima condizione, contra un principe di si alto lignaggio li fusse bastato l’animo leggere una sentenza di morte.

Questo è quanto de la signoria de’ Germani e casa di Svevia nel regno di Napoli ho trovato; e però con loro questo quarto libro finiremo.