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vantar si potesse aver sparso si alto sangue. Li altri quattro baroni regnicoli furono sopra una forca impiccati: li corpi tronchi si stetteno in terra né fu uomo ardito di toccarli, finché Carlo non comandò che fussino seppelliti. Furono adunque sepolti in terra, e sopra Corradino posto questo epitafio: Asturis ungut leo pulitini rapiens aquilinum, hic deplumavit acephalumque dedit.

Tradotti in lingua vulgare al meglio che si può, questi versi dicono cosi: Con l’unghie de l’astor prese il leone un aquilino; or senza le sue piume e senza capo in questo loco il pone.

Questo infelice fine, lacrimato da quanti uomini il videno, ebbe il meschin giovinetto Corradino, col quale ancora la nobilissima casa di Svevia si estinse, la quale per linea mascolina e femmina da li Clodovei e da li Carli di Francia e da li imperatori di casa di Baviera discese: le quali casate produsseno in Francia e in Alemagna e in Italia molti imperatori e re e duchi e principi senza numero, onde meritamente qualunque altra casata di Germania facilmente di nobiltá trapassava. Dannarono molti scrittori il iudicio di Carlo in farlo morire, non parendo cosa regale né cristiana verso un signore di quella etá e nobiltá incrudelire, essendo scritto che egualmente bella e onorevole cosa è conservare li signori come vincerli, e che avuta la vittoria, la spada si deve riponere e non piú imbrattarla di sangue vinto, e massime cristiano. La qual cosa piú enorme ancora parse in Carlo, perché oltra molti esempi, che di prossimo erano stati, di alcuni signori presi e conservati, a Carlo proprio tal beneficio di clemenza e al re di Francia suo fratello era stato usato, e non da cristiani, ma da infedeli, che solo con la legge di natura in questo caso si governano. Imperocché ne la espedizione che fece Lodovico re di Francia,