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occisione de li inimici, in tanto che sostenne tre ore continue la battaglia, che non si poteva comprendere qual parte avesse il vantaggio. Infine spinto da una gran furia di italiani e di spagnoli ristretti in un globo, fu rotto e buttato per terra e ultimamente dappoi molte sue prodezze e difensioni fu morto. Il rumore si levò per il campo il re Carlo esser morto e la impresa vinta, onde quelli di Carlo volti in fuga e disordine si miseno per rotti: per la qual cosa quelli di Corradino, come vittoriosi e allegri, cominciorno a rubare e spogliare e godere il frutto de la vittoria con molti segni e gridi di letizia. Cosi li todeschi che erano a la guardia di Corradino, lasciandolo solo col duca e altri garzoni e la gente disutile de’ suoi cortegiani, corseno ancor loro disordinatamente a rubare, spargendosi in vari lochi de la pianura. Alardo che sopra la collina mirava attentamente il tutto, parendoli il tempo e la occasione designata fusse venuta, fece muovere il re Carlo de la vailetta e ordinatamente e stretto smontare la collina, e con impeto dar dentro a li inimici carichi di preda e disordinati e anche in buona parte disarmati. Carlo fece a punto il bisogno con grande ordine e franchezza e non ebbe molta fatica a romperli. Onde quasi tutti o presi o morti o malmenati e in fuga lasciorno Carlo in campo vincitore de la battaglia, in testificazione perpetua de la quale è ancora in quel loco una chiesa chiamata Santa Maria de la Vittoria.

Carlo vincitore ad altro non attese che a fare ricercare Corradino per il campo tra morti e tra vivi e li altri principali de la compagnia sua, crudelmente portandosi contra li prigioni, de li quali molti ne fece impiccare e ammazzare di ferro e molti carcerare in perpetuo. Don Enrico senatore di Roma castigliano essendosi ridotto ad un monasterio a Riete, lo abbate lo ritenne e presentono al papa. Il conte Gerardo da Pisa era ridotto a Roma; il papa lo fece pigliare e lui e don Enrico diede in mano di Carlo. Don Enrico fu mandato in prigione in Provenza e li fini li suoi giorni incarcerato. Corradino e il duca d’Austria, meschini giovini, accompagnati da Galvano Lancia e Galeotto suo figliuolo e uno