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il fatto d’arme fu molto crudele e stretto, e massimamente da la parte de’ piccardi, i quali facevano gran strage e come avevano morto uno, lo spogliavano. Iacobo Cantelmo da l’altra parte e Giordano di Lilla e li due traditori di Federico II, fuorusciti del regno, Pandolfo da Fasanella e Roggero da San Severino, facevano aspra battaglia, in modo che la parte di Manfredi e li todeschi cominciorno ad essere ributtati. Il che vedendo Manfredi volse fare innanzi il suo squadrone, ma la maggior parte de li baroni pugliesi e regnicoli 10 abbandonorno: tra li quali furono il conte de la Cerra, il conte di Caserta, il conte Galvano, per viltá e infedeltá, come è scritto, essendo gente vaga di avere nuovi signori. E chi fuggi verso Abruzzo e chi in Benevento.

Per la qual cosa Manfredi come franco signore e cavaliero, volendo piú presto morire che lasciar li suoi vilmente fuggendo, deliberò con quelli pochi che erano rimasti soccorrere. E volendosi porre l’elmetto in testa, un’aquila d’argento, la quale lui di sua mano aveva ben confitta per cimiero, li cadde sopra l’arcione d’innanzi, il che ebbe per malo augurio e disse in lingua latina: Hoc est signurn Dei , cioè: Questo è segno di Dio. E nondimeno cosi senz’altro cimiero si cacciò virilmente ove la battaglia era piú stretta tra li piccardi, e francamente combattendo faceva gran prove e gran strage de 11 inimici. Infine un piccardo menando una lancia manesca diede ne l’occhio del cavallo e glie lo cavò de la testa: il cavallo si levò si alto in piedi d’innanzi per la doglia, che cadde sopra Manfredi. Li piccardi li fumo addosso e senza sapere altramente chi fusse, di molte ferite Io ammazzorno e spogliorno lasciandolo nudo. Allora cominciò la vittoria di Carlo essere indubitata e la occisione fu grande; e quasi tutti li primi condottieri di Manfredi e li piú virili furono presi: e tra li altri il buon conte Giordano e Manfredo suo fratello, il conte Bartolomeo Semplice e il suo fratello, il conte Bonifacio Maletta, Piero de li Asini da Fiorenza uomo molto gagliardo, Guglielmo Grosso provenzale, Albertazzo e Stefano Tartaro e Marino e Giacomo Capecci napolitani con molti