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in quella notte appunto che Urbano passò di questa vita la cometa predetta disparve.

Era giá partito da Marsilia Carlo a la volta di Roma con trenta galee e aveva inviato per terra le sue genti francesi sotto il governo del conte Guido di Monforte. Fatta la Pasqua di resurrezione e dappo’ alcun pericolo di mare e de Tarmata di Manfredi, arrivò a salvamento ne la foce del Tevere del mese di maggio 1265 e di li a Roma, ove ricevuto onoratamente dal papa e dal popolo, fu creato senatore di Roma, aspettando le sue genti che venivano per terra: le quali venendo strette e con buona guardia per Lombardia, giunseno a Roma del mese di dicembre del detto anno, e con loro si erano congiunti a Parma quattrocento cittadini di parte guelfa fiorentini, sotto il governo di Guido Guerra, cacciati da la lor patria per opera di Manfredi fautore de’ ghibellini, tutti a cavallo e bene armati, e da Clemente pontefice raccomandati a Carlo; il perché tutto l’esercito insieme a Roma con gran letizia si vide. Il di de la Epifania sequente ne Tanno 1266 Carlo e Beatrice sua donna ne la chiesa di San Giovanni Laterano furono coronati del regno di Sicilia citra et ultra il Faro per le persone loro e de li loro successori ancora femine, con due condizioni: la prima che ogni anno pagassino a la Sede apostolica quaranta mila ducati, la seconda che né lui nè suoi successori potessi no essere imperatori né accettar l’imperio ancor che da li elettori fussino chiamati. Finita la solennitá de la sua coronazione s’inviò senza indugio verso il reame, pigliando la Campania senza spada, ove trovò ambasciatori mandati da Manfredi o per pace o per tregua. A li quali Carlo in poche parole rispose che tornassino pur al loro signore, ché altro che guerra non voleva e che o lui metteria Manfredi ne l’inferno ovvero Manfredi metteria lui in paradiso. Seguitando poi il suo cammino passò il ponte di Ceperano, non ostante che ’l fusse stato fortificato di molta gente e di munizione sotto la guardia del conte Giordano d’Agnano e del conte di Caserta, che era di casa di Aquino chiamato Rinaldo, con molti saracini. Passò senza