Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Compendio de le istorie del Regno di Napoli, 1929 – BEIC 1787614.djvu/157

venire a devozione sua Tomaso conte de la Cerra et ebbe per accordo San Germano e tutto lo stato del conte di Caserta, il quale fuggendo si ridusse in Capua. Corrado andò a campo a Capua e poi che li ebbe dato il guasto universale di tutte le belle cose che aveva intorno, ebbe la terra e feceli spianare le mura e il conte fece prigione. Andò poi ad Aquino allora nobil cittá, e per forza la prese e saccheggiata la bruciò. Ritornato poi a Napoli li pose il campo attorno e l’assediò per mare e per terra, si che alcuno li poteva né entrare né uscire. Li napolitani si difendevano virilmente, pur aspettando sussidio dal papa, il quale non d’altro che di speranze e parole li aiutava, e in modo si difendevano che qualche volta Corrado fece pensieri di levarsi da l’assedio, se non fusse che un secreto suo fedele, che era ne la terra, lo confortava a stringere la terra e perseverare ne l’assedio, sapendo li cittadini essere stracchi; e spesso li mandava fuora alcune letterine, le quali legate con li verrettoni, ovvero scritte a le penne di essi che eran di carta, mandava nel campo de’ todeschi, e tra le altre una volta ne scrisse una in versi latini di questo tenore e modo qui infrascritto: Mutus regalis latita tis in Parthenopaeo vera referre studet, auxiliante Deo.

Parthenope se fessa dabit libi qui dominarti, si bene claudantur ostia clausa maris.

Persia: et infesta futida, quae marmora iacit; nani mora victorem continuata facit.

Suonano in lingua vulgare questi versi in questo modo: Il regai muto in Napoli nascoso, aiutandolo Dio, dir ver s’ingegna.

Se chiudi bene il mar, re glorioso, Napoli stracca è forza che a te vegna.

Il mangan che trae sassi è ancor noioso: persevra, ché chi dura vince e regna.