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Suonano questi versi in lingua vulgare in questo modo: Se nobiltá, virtú, roba, intelletto contra ’1 morir valesse, Federico giá morto non saria, che è qui ristretto.

Avendo noi di quell’inclito re detto quanto spetta al proposito nostro circa il regno di Napoli, non sará inconveniente per reverenza de la sua virtú fare un breve epilogo di lui, attento che fu uomo valorosissimo e che di lui variamente si trova scritto, e chi bene e chi male ne dice per esser imputato da scrittori ecclesiastici persecutore de la Chiesa. Tuttavia di lui dicono questo li autori, ch’atri li reputati santi uomini, che fu bello e formoso de la persona, di giusta statura e membri quadrati, di pelo alquanto rosso e volto allegrp. Ebbe grandissimo sentimento naturale e fu prudente sopra tutti li uomini, perito artefice di tutte le arti meccaniche, a che lui per ventura ponesse la fantasia. Dotto in lettere, ebbe piú linguaggi, però che parlava in lingua italiana, latina e vulgare, in lingua germanica, lingua francese, lingua greca e lingua saracinica. Magnifico, liberale e magnanimo, grandissimo rimuneratore de’ benefici e di uomini fedeli, severissimo vendicatore de la perfidia; per tutte le nobili cittá del regno di Puglia e de l’isola di Sicilia fece fare nobilissimi edifici che saria superfluo a raccontarli: ma tra li altri in Abruzzo la cittá de l’Aquila, in Napoli il castello di Capuana, la torre e il ponte di Capua, il castello di Trani, in Toscana il castello di Prato e la rocca di San Miniato, in Romagna la rocca di Cesena, di Bertinoro, di Faenza e di Cervia, palazzi e chiese per tutto. Compose molte leggi ad onor de la fede cristiana e conservazione de la libertá ecclesiastica e per la sicurezza d’Italia e in favore de l’agricoltura e de li naviganti e in favore de li studenti e letterati, de li quali fu sommamente amatore: le quali leggi tutte sono inserte e approbate in un libro di ragion civile chiamato codice Iustiniano. Fece compilare un libro di legge approbato, e che per li Studi si legge,