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generale ne la Marca, nel Ducato e in Romagna, deputando a tutti certo numero di gente d’arme; poi fece che tutti giurorno fedeltá e di bene esercitare li suoi offici, comandando a tutti li sudditi che li prestassino plenaria obedienza. Ordinate le cose in questa forma, disciolse la dieta e per la via che altre volte aveva fatto componendo le cose de le terre che aveano bisogno di riformazione, a Siena e Pisa e poi in ultimo a Cremona pervenne, e ivi si fermò.

Fermato in Cremona il suo proposito Federico di transferirsi personalmente a Lione per concordarsi col papa, fece una mirabil comitiva di uomini togati, letterati e militari tutti eccellenti, in tanto numero, che mai di alcuno imperatore si legge né antico né moderno facesse il simile; e con questa mosse da Cremona l’anno 1247 e andò a Torino, ove tenuta corte solenne e fatta una bellissima dieta, mandò onorati ambasciatori al re di Francia facendoli intendere la sua andata a Lione per impetrar pace e concordia dal pontefice. E mise a la via de’ monti la camera e marescalcia sua. La quale giá due giornate era camminata innanzi, quando ebbe avviso che li fuorusciti di Parma con li altri ribelli de l’imperio, bresciani e piacentini, col legato apostolico erano entrati in Parma del mese di giugno, e avevano occupata la cittá e morto Enrico Testa, che in quella era podestá de l’imperio. Intesa questa novella Federico, conoscendola opera papale, mosso da indignazione e furore revocò l’andata di Lione e con tutte le legazioni et esercito e compagnia che avea con sé ritornò a Parma, intorno la quale con un esercito di sessanta mila persone si pose in assedio; e per poterli star sicuro li edificò ad un breve tratto a l’incontro un’altra cittá di legname e atterrati, la quale chiamò per nome Vittoria e li dedicò una chiesa sotto titolo di Santo Vittore, come patrono di essa, e feceli battere una moneta, la quale chiamò vittorini. Fu la lunghezza di questa cittá 800 canne e la larghezza 600, et era la canna di nove braccia: e aveva otto porte e le fosse larghe e profonde d’intorno, ne le quali mise l’acqua che prima a Parma correva, facendoli in essa