Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Compendio de le istorie del Regno di Napoli, 1929 – BEIC 1787614.djvu/133

Tiepolo patrizio, veneziano figliuolo di Iacopo Tiepolo allora duce di Venezia, e mandollo in prigione in Puglia. E avuto grandissima vittoria, entrò in Cremona in specie di trionfante, menando con sé il carroccio, sopra il quale era legato il podestá per un braccio alto ad un legno e con il laccio al collo, e le bandiere lombarde prese roversate, con li prigioni che seguitavano: et era il carroccio menato da uno elefante, sopra il castello del quale aptamente fatto di legname stavano li trombetti con le bandiere imperiali levate, che in segno di vittoria precedevano, e Federico con l’esercito seguitava. Fu tanta questa vittoria, che in una epistola, la qual trovo scritta in quel tempo per avviso di quella battaglia, sono scritte queste parole: Nec occisis sufficiunt sepulturae, nec Cremonae palatici multitudinem capiunt captivorum ; le quali parole in lingua vulgare suonavano che a seppellir li morti le sepolture non bastavano e li palazzi di Cremona non erano capaci de la moltitudine de’ prigioni. Esso Federico nondimeno in una epistola, la quale scrive al collegio de’ cardinali in letizia di questa vittoria, di dieci mila uomini solamente tra morti e presi significa.

Per piú chiara notizia è da sapere che il carroccio che allora si usava in Italia era un carro molto grande, menato da molte para di bovi, concio a gradi intorno in forma di tribunale e di pulpito, molto ben lavorato e coperto e carico di ornamenti, sopra il quale si portavano li stendardi e le bandiere del popolo, di chi era il carroccio, e de le comunitá che allora in lega si trovavano. Et era il carroccio ne li eserciti come il pretorio e il tribunal comune ove si riduceano li soldati come a la corte e capo de l’esercito, e ove tutti li magistrati e tutta la forza e la miglior parte del campo stavano a la guardia; e allora veramente si tenea rotto e sconfitto il campo quando il carroccio si perdeva. Questo si legge che usorno massimamente milanesi, bolognesi, parmesani e cremonesi, fatto per segno di unitá e acciò che men pronti fussino al fuggire, vedendo che non erano il capo de l’esercito e le bandiere facili a muovere e salvare per fuga, per la