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séte, questa vostra rabbia e superbia vi fará ancora danno e vergogna: voi séte posto in mia prigione, e ancora vi basta l’animo di farmi oltraggio! Ma sappiate che in vostra mal’ora l’arete fatto. — Gualtiero per questo in tanta furia e rabbia pervenne, che stracciandosi li panni che intorno avea e le bende e pezze con le quali le piaghe e ferite erano ligatc, le proprie intestine ancora che per le ferite uscivano a se medesimo squarzò, dicendo non voler piú vivere in tal miseria; e ostinato al tutto di non volere piú esser medicato, né mangiare né bevere, al quarto giorno finalmente lasciò la vita. Questo fine ebbe il conte Gualtiero da Brenna perdendo per sua pazza e insolente natura il regno, il corpo e l’anima, né altri di sé lasciò che la mogliere e un figliuolo, il quale poi nel contado di Brenna successe. Onde Diepoldo dopo questo caso rimase quasi come signore e amministratore del regno di Napoli, finché Federico fatto grande venne ne lo stato a la paterna successione.

Non stette dappo’ il conte Gualtiero molti anni il regno di Napoli in riposo; imperocché finito lo scisma e la controversia che ne l’imperio era stata per la morte di Filippo sopradetto, essendo rimasto Ottone solo ne l’imperio e venuto a Roma, fu coronato da Innocenzo III ne l’anno 1209. E avendo promesso molte cose al pontefice e tra le altre restituire tutte le terre tenea de la Chiesa e non molestare lo stato ecclesiastico, nondimeno, come perfido, il di sequente la sua coronazione fece tutto il contrario di quello avea promesso; però che entrò ne le terre de la Chiesa e le ridusse a sua obedienza e contra la volontá del papa diede Romagna e il podere de la contessa Matilda a Salinguerra da Ferrara, e la Marca d’Ancona ad Azzo marchese da Este, e il ducato di Spoleto a un suo capitano chiamato Bertoldo. Poi entrò con l’esercito nel reame di Napoli e prese molte altre terre e tra le altre Capua, ove stette uno inverno per stanza, e ottenne molte terre di Puglia fino in Calabria: per il che Innocenzo dopo molte ammonizioni lo escomunicò e depose, e assolvette ciascuno da la obedienza sua. Per la qual cosa il Lantgravio di Turingia e il duca di