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Codifica numerica del segnale audio |
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- utilizzando sempre quanti della stessa ampiezza, è possibile fissare gli estremi di saturazione di ciascuna sottobanda (e quindi il numero di bit) in maniera che si riducano al diminuire della potenza del segnale (tipicamente a frequenza crescente) (in maniera simile a quanto fatto nella codifica APCM);
- se si tenta di rendere uniforme il rapporto segnale rumore in frequenza, è possibile diminuire l’ampiezza dei quanti (e quindi il rumore) per le componenti ad energia inferiore (tipicamente a frequenza crescente) (in maniera simile a quanto fatto nella codifica NFC);
- sfruttando le caratteristiche della sorgente, nel caso di segnale vocale è possibile assegnare un numero di bit inferiore alle bande a frequenza maggiore (interessate alla produzione di suoni non vocalizzati e, quindi, più simili a rumore) ed un numero maggiore per le bande inferiori (legate alla ricostruzione del pitch e delle formanti) (es.: codifica ITU-T G.722).
Ipotizziamo di voler fissare la distribuzione di bit tra sottobande in modo che venga minimizzato il rumore di quantizzazione complessivo, per un fissato flusso numerico. Se si indica con Rk il numero di bit utilizzati nella sottobanda k-esima, con fs la frequenza di campionamento ed ipotizzando M sottobande equispaziate, il flusso totale generato nella codifica SBC è pari a
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(7.10)
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Per quanto riguarda la potenza dell’errore di quantizzazione, ipotizzando sottobande non sovrapposte risulta
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(7.11)
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dove con è indicata la potenza complessiva del segnale, mentre con la potenza che cade nella sottobanda k-esima. Ricordando dalla 2.45 che la componente granulare dell’errore di quantizzazione vale
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(7.12)
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