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comunione spettante al conjuge debitore, quanto sui beni particolari di essa; ed in caso d’insufficienza questa indennizzazione può proporsi in giudizio contro il padre, la madre, l’ascendente od il tutore che lo avessero dichiarato libero e sciolto, come se fossero mallevadori.
Quest’azione per garanzia può essere proposta ancora dal marito durante la comunione, se il debito proviene per parte della moglie; salvo, in questo caso, il rimborso dovuto dalla moglie o dai suoi eredi a quelli che si ritengono per garanti dopo lo scioglimento della comunione.
Sezione V.
Della Facoltà accordata alla moglie di riprendere liberi e senza pesi gli effetti conferiti.
1514. La moglie può stipulare che, in caso di rinuncia alla comunione, essa ripiglierà in tutto od in parte ciò che vi avrà conferito, tanto all’atto del matrimonio, quanto dopo; ma tale stipulazione non può estendersi al di là delle cose formalmente espresse, e nemmeno a vantaggio di altre persone fuori che delle individuate.
In conseguenza la facoltà di ripigliare il mobiliare conferito alla moglie all’atto del matrimonio, non s’estende a quello che le fosse prevenuto durante il medesimo.
Così pure la facoltà accordata alla moglie non si estende ai figlj, e quella accordata alla moglie ed ai figlj non si estende agli eredi, ascendenti, o collaterali.
In tutti i casi non può essere ripigliato quanto si conferì, che facendosi prededuzione dei debiti particolari della moglie, i quali la comunione avesse soddisfatti.
Sezione VI.
Della Prededuzione convenzionale.
1515. La clausola colla quale il conjuge superstite è