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566. Quando due cose appartenenti a diversi padroni, le quali sono state unite in guisa da formare un sol tutto, sono separabili, in modo che tuttavia possono entrambe sussistere l’una senza l’altra, questo tutto appartiene al padrone della cosa che ne forma la parte principale col peso di pagare all’altro il valore della cosa statavi unita.
Leg. 26, §. 1, ff. de adquir. rer. dom.
567. È considerata parte principale quella cui l’altra non è stata unita, che ad uso, ornamento e compimento della prima.
Leg. 26, §. 2[?], ff. de adquir. rer. dom.
568. Ciò non ostante quando la cosa [è] unita è molto più preziosa della cosa principale, e quando è stata impiegata senza saputa del proprietario, può questi chiedere la separazione della cosa unita affinchè le sia restituita, quand’anche da tale separazione ne potesse pervenire deteriorazione della cosa cui fu unita.
Instit. lib. 2, de rerum divisione, §. 25; leg. 9, §. 2, ff. de adquir. rer. dom.
569. Se di due cose unite per formare un sol tutto, l’una non può esser riguardata come accessoria dell’altra è riputata per principale quella che trovasi più considerevole per il valore, o per il volume, se il rispettivo loro valore è a un dipresso eguale.
L. 27, §. 2, ff. de adquir. rer. dom.
570. Se un’artefice o qualunque altra persona ha impiegata una materia che non gli apparteneva per formare una cosa di nuova specie, questa materia possa o non possa riprendere la sua prima forma, colui che ne era il padrone ha il diritto di pretendere la cosa che si è formata, rimborsando il prezzo della mano d’opera.
Leg. 7, §. 7, l. 26, in pr. et §. 3, ff. de adquir. rer. dom.
571. Quando però la mano d’opera fosse tanto