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88 ciceruacchio e don pirlone

Nè, lodando il perdono concesso da Pio IX, pare che meno proceda implicitamente aspro al passato regime l’abate A. Garelli, bolognese, nel seguente mediocrissimo sonetto, dettato di quei giorni:

   Quando lume del elei splende verace,
E spira carità ne' petti umani,
Cedon l' invide gare e g'ii odi insani,
E si sposano insiem giustizia e pace.

   Allor d'inclite glorie non fellace
Fiamma raccende gl'intelletti sani.
Arbitra allor fra' popoli lontani
Siede concordia ed ogni turbin tace.

   Quante aspre sorti più fan tristo il mondo,
O quanto gaudio i cor move sovrano
Stringon le genti in vincolo più forte.

   Nè il Tebro o il Reno appar meno giocondo
Oggi che Pio trionfo in Vaticano
Ed infrena al suo pie fortuna e morte.

E poichè sono sul favellare del furore apollineo onde furono accesi preti e frati nell’impeto di quel popolare entusiasmo, accennerò a due un po’ gonfi, ma robusti Salmi, pubblicati dall’abate Cesare Contini in Roma per le posteriori feste dell’8 settembre, uno intitolato il Perdono, l’altro il Perdonato. Do un saggio del suo stile, riportando qui i versetti con cui comincia il primo Salmo:

«Una parola d’oro usci dalla bocca del polente; e innanzi a lei frascheggiarono i cedri, che altissimi s’inchioììiano sulle cime del Libano.

«Chi spirò sul labbro quella cara parola, che suonò più mite dell’aura, che molle carezza i roseti di Gerico, e siconò più salda che il vento che crolla i palmeti di Cades?

«L’udirono gli sconsolati e s’allietarono; dopo un lungo singultar doloroso la bocca s’atteggiava al sorriso.

«L'udirono gli sconsigliati, e dissero addio ai sogni e stornarono i piè per sempre dalle vie dell’errore.

«Oh! il potente non s’inganna. Dai colli eterni a lui viene arcana luce nell’intelletto; s’aprono i cieli invocati, e gli piovono nella mente rugiade di consigli».

Il canonico Giovanni Silvestri dettò un distico e una epigrafe in latino, il padre somasco Giuseppe Giacoletti un sonetto, con