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86 ciceruacchio e don pirlone

Cosi dolcemente s’apre la prima strofa; ma nella seconda il domenicano si leva sdegnato e grida:

   Alza, mi dice Iddio,
La voce in suon tremendo e frema questa
Per lo perverso e rio
Come il tuon che risveglia la tempesta.

Nella terza pare che il padre Bandini scenda a miglior consiglio, e prende una via conciliativa:

   Alza, mi dice Iddio
La tua voce qual cetra e suoni questa
Come risuona il rio
Che scorre il pian, la valle e la foresta.

Nel commiato, poi, pare che il padre Bandini - parlando sempre per la bocca dell’Altissimo - dia una sferzatina al passato Governo gregoriano, quando, nella chiusa, canta cosi:

   Ch'io dall'alto emisfero
Guiderò a santa meta il suo pensiero.
Nè paventin mai più nembi e procelle
Sotto il suo regno le innocenti agnelle.

Il qual padre Bandini, una volta preso l’aire, non si ristette a questo primo canto, cui ne fece seguire altri due, uno dei quali comincia cosi:

   Piovetemi in seno rugiade celesti,
La lena affrancate, che il genio si desti
Al canto inusato — sull'ali del ver,
Nel giorno beato — che allegra il pensier.

   Rugiade celesti piovetemi in seno,
Mi ergete la mente dal fango terreno.
Risponda animata — la cetra al desir,
E sorga più grata — la foga del dir.

Pare che le rugiade piovessero, e che la foga del dire sorgesse, non so quanto grata ai gregoriani, perchè proseguendo, il buon padre canta:

   Sia lode al Signore che in mar procelloso
Di Pietro il naviglio soccorse pietoso,
E lieto e sereno — su quel s'adagiò:
Rifulse il baleno — ma il tuon non scoppiò.

   Mancava al timone l'esperto nocchiero,
Ma Iddio lo creava nell'alto pensiero;
Già il fremito tace — del vento e del mar,
Già vede la pace — la calma tornar.