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dei tanti giudizi messi fuori su quest’uomo così degno della gratitudine e dell’ammirazione di quanti credono che sia santo e che debba essere lacrimato il sangue per la patria versato.

Ecco come parla di Ciceruacchio il moderatissimo e valoroso storico Gualterio:

«Allora fece di sè mostra per la prima colta un uomo che poscia in Roma e presso gli estranei diventò celebre, ed ebbe nome di capo e quasi di Gracco della romana plebe, mentre altro non era in verità che docile e passivo istrumento in mano di accorti agitatori. Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio, uorm di rozzi e semplici costumi, di franche maniere, in credito di onesto presso il popolo, agiato commerciante di vini, e quindi centro di popolari ritrovi, fu quelli che sorse d’un tratto quasi a dominare quelle masse inerti, a condurle a suo bell’agio, e ad inspirarne e a riscaldarne le volontà»1.

E il La Farina scrive dal canto suo: «... negli ordinamenti e apparecchi di queste feste popolari - allude a quelle dell’otto settembre 1840 - acquistò rinomanza Angelo Brunetti, soprannominato Ciceruacchio, uomo semplice, ardito, fiero, generoso, vero tipo del popolano romano; viveva con qualche agiatezza, frutto dei suoi lavori e dei suoi umili traffichi; era liberale coi bisognosi, affettuoso e servizievole con tutti; aveva molta clientela ne’ vetturali, bettolieri, vinai, mercantini ed altra gente di simile condizione; lo tenevano in pregio e l’osservavano per l’anima caritatevole, la facilità della loquela, la spontaneità dei canti e la persona grande, complessa, forte ed avvenente. Egli era fra i più caldi ammiratori di Pio IX,» ecc.2.

Il Montanelli, che lo conobbe di persona e l’ebbe caro, così favella di lui:

«Vedevi la mattina sulla piazza di Spagna, colla giaccheiia del popolano, girondolare, per lo più in compagnia di Mattia Montecchi, un uomo sulla cinquantina. Era Ciceruacchio, che avendo bottega giù di lì, dava udienza in piazza a tutti che lo cercassero, A Ciceruacchio non mancava un ette per essere il vero tipo del popolano di Roma: un non so che di altero che

  1. F. A. Gualterio, op. cit, vol. V, cap. VI, pag. 95.
  2. G. La Farina, op. cit., voi. II, lib. III, cap. II, pag. 23.