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Lorenzo Brunetti di professione era maniscalco; uomo aperto, libero nel parlare, largo di cuore e inclinato al prodigo. Durante la dominazione francese si trovò coinvolto in gravi tafferugli; ma dopo la restaurazione pontificia attese al suo mestiere e lasciò da canto la politica1.

Angelo crebbe florido e vigoroso, ma un po’ riottoso e facile alle risse, non per perversità, anzi per generosità di animo; come quegli che, anche da fanciullo, per istinto era tratto a ribellarsi alle prepotenze e alle soperchierie, onde spesso avvenne che egli si cacciasse nelle baruffe, trattovi solo dal generoso impulso di difendere l’oppresso ed il debole2.

Angelo Brunetti aveva ingegno pronto e svegliato, ed era dotato di sufficiente accortezza e di molto buon senso. Ebbe scarsa istruzione; imparò a leggere, a scrivere e a far di conti: ma la sua calligrafia sta a provare che di buonora cessò dal frequentare le scuole dei Padri detti Carissimi, e che il volgo, argutamente, appellava ignorantelli.

Avveduto ed intraprendente, Angelo Brunetti si diè di buon’ora ad esercitare la modesta industria del carrettiere, trasportando, sopra un carro tirato da un cavallo di sua proprietà, il vino da Frascati, da Genzano, da Marino, da Zagarolo a Roma.

Della plebe romana in genere e del carrettiere in ispecie ha lasciato una stupenda ed efficacissima dipintura Massimo D’Azeglio.

«Come ognun sa, Roma è stata da secoli il refugium peccatorum della terra intera; e se non se ne fosse certi altrimenti, basterebbero i casati a provarlo. Ce ne sono d’ogni lingua, d’ogni nazione, nè quelli che li portano mostrano nulla che li faccia apparir forestieri. Ma, badiamo, questo accade nel mezzo ceto, ed in parte anche nel patriziato. Ma fra il popolo, in ispecie in Trastevere, alla Regola ed a’ Monti, non se ne trova esempio. Fra questo popolo stesso si distingua poi una oligarchia gelosa più delle altre di mantener puro il sangue romano, e quest’oligarchia sta principalmente ne’ due mestieri di selciarolo e di carrettiere del vino.


  1. Augusto Colombo, op. cit, pag. 10.
  2. Augusto Colombo, op. cit, pag. 11. Le affermazioni del Colombo trovano piena conferma nella concorde testimonianza del Guerrini, del Bruzzesi e del Benai.