Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/66


capitolo secondo 59

poste di migliaia e migliaia di individui rarissimi erano i romani

in favore di un Governo clericale, 1 cui ministri, i cui legati e delegati, i cui nunzi ed ambasciatori, i cui magistrati non erano romani di Roma, ma di tutte le provincie d’Italia ed anche stranieri.

Avrebbe saputo dire il gretto e piccino comm. Spada perchè mai il genovese cardinale Lambruschini potesse, non per elezione di popolo, ma per capriccio del sovrano, occuparsi, come ministro, degli affari di Roma, e perchè mai il genovese Mazzini non potesse degli affari di Roma occuparsi, chiamatovi dalla elezione popolare a suffragio universale? Perchè mai il cardinale Antonelli, ciociaro, potesse essere ministro dello Stato romano e perchè non potesse esserlo il ciociaro dottor Sterbini? Perchè potesse esserlo il carrarese Pellegrino Rossi e perchè non potesse esserlo il napoletano Aurelio Saliceti? Perchè mai potessero sedere nel collegio cardinalizio e occuparsi degli affari politici dello Stato romano i cardinali Amat, Riario Sforza, Gazzoli. Spinola, Fieschi, Piccolomiui, Carafa, Serra Cassano e Pignatelli, sardi, genovesi, toscani, napoletani, elevati all’onore della porpora dal capriccio del Pontefice e perchè non potessero sedere nella costituente romana i soli sette deputati non appartenenti allo Stato, Dall’Ongaro friulano, Mazzini genovese, Cernuschi milanese, Garibaldi nizzardo, Cannonieri modenese. Saliceti napoletano e De Boni veneto, all’onore di occuparsi degli affari politici di Roma delegati dal voto del popolo?

Onde io concludo: che il principio sostenuto dallo Spada è essenzialmente falso ed erroneo sotto il riguardo storico, falsissimo nel caso speciale, perchè - ripeto - se v’è città alla quale, sia per il suo carattere universale, sia per la sua tradizione, sia per la sua storia, quel gretto, insulso e meschinissimo principio non può in verun modo essere applicato, questa città è proprio Roma.

E, per tornar al pontefice Pio IX e all’amnistia da lui largita, dirò delle feste a cui quel misericordioso e benefico atto del nuovo Papa diede legittima e ragionevolissima occasione.

Le quali feste nacquero spontanee, la sera del 17 luglio 1846, appena, cioè, si propagò, come lampo, per la città, la notizia della pubblicazione dell’editto di amnistia, con una duplice dimostra-