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dell’indole, del carattere, dell’intelletto del Mazzini, scrivendo: «Pronto d’ingegno, spedito e franco nel dire, efficace in persuadere, forte nel muovere, seppe conciliarsi la stima e la benevolenza di tutti i fuorusciti italiani, ne’ quali s’imbattè nei suoi frequenti viaggi. Tatti restavano presi di lai e l’ammiravano: ed egli con un fare manieroso s’insinuava negli animi, con un parlar vigoroso e risolato metteva in corpo spiriti generosi e disponevali a superare senza tema qaalunque cimento, quand’anche fosse uopo mettere a repentaglio la vita. … … 
Non inorpellò con ispeciosi vocaboli le sue dottrine; ma dichiarò sempre di volerla affatto finita co’ Principi, col Papato, con la Chiesa: nè mai ristarebbe dal promuovere con ogni mezzo possibile il conseguimento del suo fine. Molto meno poi si potè mai inchinare a giurar con finte lacrime agli occhi fedeltà a chi egli aveva giurato la rovina . . . Mazzini non degnò mai in basso, e tenne in questo punto incorrotto il suo onore

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Ciò che aveva in cuore, ebbe pur sulla lingua; e quanto covava nell’animo addimostrò eziandio ab extrinseco, negli atti, nelle parole, ne’ portamenti.

«Ora e sempre fu il suo motto prediletto che mantenne non solamente nell’impronta de’ suoi sigilli, ma eziandio a fatti: così che il Mazzini del 1850 è sempre quel desso del 1831. Indole e carattere che non ebbero certamente, nè seppero imitare molti de’ suoi seguaci, gittatisi alle finzioni, agli inganni, alle ipocrisie. Così potessi lodarlo rispetto alla causa e al fine, che per fede, per coscienza, per convincimento debbo necessariamente riprovare e condannare, perchè in tutto perverso e irreligioso. Aggiungo infine che Mazzini, a preferenza di tutti gli altri settarii, è stato sempre il più logico nelle sue conseguenze»1.

Neppure egli - mi piace affermarlo in omaggio alla verità andò esente, come tutti i fondatori di sètte politiche e religiose, da errori, da rigidi esclusivismi e da intolleranze, ma l’amor patrio potè in lui sempre più dell’amore della propria dottrina.


  1. La rivoluzione romana al giudizio degl’imparziali, per cura della società dei compilatori della biblioteca cattolica (D'Amelio A., Garavini G., Placente G. e Sanseverino G.), Napoli, coi tipi di Vincenzo Manfredi, 1852. lib. II, cap. V, pag. 133, 134 e 135.