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40 | ciceruacchio e don pirlone |
E se mi sono alquanto soffermato sugli scritti del Gioberti
egli è perchè essi ebbero un ascendente irresistibile nei rivolgimenti italiani del 1847-48-49; e perchè quegli scritti han tale e tanto valore, tale e tanta importanza nella loro intrinseca essenza e nella loro splendida forma da rendere chi li dettò, non soltanto capace e degno di onorare col suo nome la regione italiana in cui egli nacque, ma degno e capace di onorare la intera nazione e l’età che fu sua.
Nè meno entusiasta del Gioberti era Giuseppe Mazzini, nato a Genova nel 1808; anzi, poichè il piemontese fu seguace del ligure e ascritto alle file della Giovine Italia, che questi aveva istituita, è oggimai provato che, nei primi suoi anni, il Gioberti sognò egli pure una repubblica teocratica o una teocrazia repubblicana e fantasticò di una democrazia pura emancipatrice d’Italia1.
Intorno al Mazzini emisero giudizi pur troppo miseri, gretti, parziali, passionati anche parecchi storici togati, e che la pretesero a liberali, del nostro risorgimento. Non mi preoccupo delle calunnie, delle insinuazioni, dei vituperi onde cercò di avvolgere il nome intemerato di Giuseppe Mazzini, la sua vita illibata, il suo apostolato patriottico di oltre quarantanni, i suoi scritti e le sue opere la falange degli scrittori servi del Papato o a lui devoti; se i libelli, a cui diedero il nome usurpato e deturpato di storie i D’Arlincourt, i Balleydier, i Balan, i Marocco, i Croce,
- ↑ Domenico Berti, op. cit., § 8, pag. 16, ove, in nota, egli riporta un frammento di lettera del conte Santorre Santarosa del 1833 al conte Camillo di Cavour, in cui dipinge repubblicano il Gioberti. Cf. Giuseppe Massari, Ricordi biografici e carteggio di V. Gioberti, già citati, vol. I, cap. XX, pag: 343 e seguenti.
mi permetterò di aggiungere che il Gioberti non si ostina, come il Guizot e gli altri dottrinari, a piegare, contorcere e raggomitolare i fatti della storia per farli entrare nel casellario delle loro preconcette dottrine e per sforzarli a documentare la pretesa esattezza dei loro prestabiliti sistemi, ma, ammaestrato dai fatti, coraggiosamente strappa da sè il velo delle illusioni, così azzurre, così rosee, così stupende, così sublimi che egli stesso si era intrecciato, con tanta fatica, attorno alla fronte, nel suo Primato, ingenuamente confessa il suo errore e subito, nel Rinnovamento, traendo, con intuizione profondissima e quasi divinatoria, dai fatti, allora allora occorsi, una nuova e più esatta e più vera dottrina da sostituire alla parte erronea ed utopistica delle sue dottrine precedenti, dopo aver detto che l’Italia risorgerebbe avente duce e guida il Papato, lealmente dice agli Italiani: Ho errato: voi risorgerete, avendo avverso il Papato, e sulle ruine del Papato temporale, ad unità di nazione, sotto il vessillo di Vittorio Emanuele II.