Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/462



Documento N. I.1


· · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·

Occupata la posizione del monte, siccome dissi, e riordinati i battaglioni, fu dal cannone aperta la porta, per la quale la truppa papale fece il suo ingresso in Cesena. Il colonnello austriaco, di cui parlai, fece sentire ai soldati lorchè ferveva il combattimento, che a premio de’ loro sudori e del sangue che si fosse sparso avrebbero ottenuto il sacco della città. Quindi le prime truppe entrate, sebbene la vittoria non gli fosse costata nè gran sudore, nè molto sangue, si credettero autorizzate di tradurre in atto la fattagli insinuazione, sicchè le prime case e prime botteghe della parte del borgo furono invase forzandone le porte e letteralmente denudate d’ogni suppellettile e spogliate d’ogni oggetto prezioso.

A lode del vero, per altro, pochi ufficiali rabbrividiti di quel fatto e delle conseguenze, che ad esso potevano accompagnarsi, si adoperarono con ogni studio e lena ad arrestarne il progresso, venendo il loro zelo coronato da qualche successo.

Giunta la colonna sulla piazza principale, che come l’altre vie era deserta, incominciò altra scena d’ordine nuovo. Il Comandante superiore della spedizione, attorniato da parecchi ufficiali, incominciò a distribuire nastri d’una medaglia d’onore a chiunque presentavasegli, nel modo che ne’ dì di mercato vedonsi i cerretani vendere ai stupidi villani il loro miracoloso cerotto, la boccetta dell’acqua portentosa a risanare d’ogni malore; sicchè ne ebbe chi non si allontanò dal suo dovere, come quello che, coperto d’ogni vergogna, meritata s’era in quel giorno la infamia e il disprezzo, in attesa che la spada della legge fosse su di esso caduta per punirlo. N’ebbero i più sfrontati, i più immeritevoli, ne furon privi quei pochi, che nella turba dei vili e degli indolenti, vi avrebbero avuto maggior diritto.

La compagnia di cui faceva parte, senza aver riguardo al servizio che una metà d’essa aveva fatto nella notte precedente e alle fatiche qualunque di quel giorno, fu mandata d’avamposto a serenare fuori di Cesena dalla parte che mena a Forlì. Il dì vegnente fu continuata la marcia per la detta città, lasciato a Cesena un bastante presidio.

Qui non s’incontrò alcuna opposizione, ma da parte dei cittadini tutti si ebbe una dimostrazione molto eloquente dei sentimenti di cui erano animati verso di noi. Le strade vedevansi deserte, le porte delle case e delle

  1. Dalle Memorie della mia vita (inedite) del marchese colonnello Filippo Caucci-Molara, pag. 11, 12 e 13.