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capitolo settimo 447

vocato Galeotti e il vescovo Severa, e la battaglia, in quelle poche ore, infuriava in guisa che, alla mattina del 20, il numero degli elettori era quasi raddoppiato: da 127 essi erano ascesi a 235. L’esito della lotta fu questo: l’avv. Galeotti ebbe 137 voti, monsignor Severa 97, uno nullo. Monsignor vescovo ci aveva provato ad entrare nel Consiglio dei deputati con le mani e con i piedi. Eppure fra l’avvocato Galeotti e monsignor Severa il più liberale non era, probabilmente, quest’ultimo!

Ad ogni modo questa incipiente germinazione di candidature ecclesiastiche mi è parsa degna di nota; come mi pare degno di nota e di rilievo il fatto che, quantunque questi cento deputati eletti dalle popolazioni dello Stato romano, uscissero da comizi di privilegiati, in cui la grandissima maggioranza degli elettori non era inscritta che per il titolo del censo, pur tuttavia essi riuscirono, qualunque fosse o potesse essere la gradazione del partito politico a cui ciascuno di essi appartenesse - quasi tutti concordi in un pensiero; quello di non voler più permettere e tollerare il governo dei chierici.

Osserverò anche che, durante questa prima ed unica legislatura dello Stato romano, durata dal 5 giugno al 26 dicembre, oltre le prime cento elezioni, se ne compirono altre cinquantadue suppletive, sia per le opzioni avvenute dopo la convalidazione delle quadruple, triple e doppie elezioni, sia per le dimissioni che alcuni deputati vennero presentando; e di parecchie di queste elezioni suppletive, in seguito, farò cenno.

L’ultima elezione fu quella del collegio di Faenza e Russi avvenuta il 17 dicembre, per rinuncia emessa dal Farini, e nella quale su 69 votanti ottennero 38 voti il maggiore Vincenzo Caldesi, 15 il dottor Luigi Carlo Farini, 11 il conte Francesco Laderohi e gli altri 5 andarono dispersi; per il che vi fu ballottaggio subito, e, su 64 votanti, il Caldesi consegui 46 suffragi e il Farini 18; onde fu dichiarato eletto il Caldesi, che emise rinuncia il giorno 20 dello stesso mese.

Del resto nell’Assemblea eletta dalle popolazioni dello Stato romano erano largamente rappresentati il censo, il legnaggio e la cultura. In essa erano inviati a sedere tre principi, un duca, cinque marchesi, ventiquattro conti, diciannove giurisperiti, nove medici, sei professori, tre ingegneri. Quasi tutti