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capitolo settimo 433


meno retto e disinteressato avrebbero potuto essere conturbati e sconvolti.

Egli rimase sempre quell’Angelo Brunetti, che fin da due anni innanzi e, precisamente, fin dal 21 agosto e dal 18 dicembre 1846 aveva fatto pubblicare due lettere, una, a suo nome, sottoscritta da Tommaso Tommasoni, e l’altra dal dottor Pietro Guerrini, nelle quali avvertiva tutti coloro, che, da ogni parte dello Stato e anche da altre provincie d’Italia, si rivolgevano a lui con lettere, alcune delle quali gli attribuivano il titolo di Eccellenza, alcune altre «esigevano da lui un rimedio ad un male pubblico, altre lo esortavano a mandar consigli, altre lo piegavano per ottenere un impiego; altre per impegni da assumersi o colla polizia, o colla segreteria di Stato, e persino col Papa, che egli era stato, era e sarebbe sempre il modesto popolano d’un tempo; che non aveva alcuna influenza né sulle polizie, né sulla segreteria di Stato e tanto meno sul sommo Pio IX»; e quindi, chiarito come e quanto egli amasse la patria e come, fin dove glielo consentissero le sue modeste fortune, egli fosse soccorrevole a’ suoi simili, affermava essere egli impotente a soddisfare richieste che, «quantunque (spesse fiate) giunte, ai ministri del governo ed al sovrano e non a lui si competevano», e in fine, protestava energicamente contro quei ladri di città che, abusando del suo nome, andavano facendo collette per inventati fini patriottici1.

In data del 10 di maggio veniva pubblicata l’ordinanza ministeriale con cui, secondo ciò che era stabilito nello Statuto fondamentale, si istituiva il Consiglio di Stato e se ne fissavano le attribuzioni; e il giorno 13 all’ufficio di consiglieri vennero nominati uomini di molto merito e, in parte, anche amici delle riforme e della libertà, e cioè:

  1. A. Colombo, op. cit., § II, pag. 66, ove sono riferite quelle due lettere.