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capitolo settimo 431

nale - valgano ad attestare al S. Padre, che Roma non aveva lai pensato ad assalire il palazzo apostolico, come lo vogliono far credere le misure guerresche ivi prese, il rafforzamento delle gtmrdie e la chiusura delle porte1 .

La via del Corso venne messa a gala per il loro passaggio, una quantità di bandiere tricolori hanno indicato chiaramente ai novelli ospiti la volontà dei Romani: vari plotoni di civica si accampagnarono fino al loro alloggio, ove rimase di guardia la civica stessa2.

E il loro alloggio era alla locanda Spillmann, i cui proprietari, non solo ricusarono qualunque compenso, ma proibirono ai servi di prendere qualsivoglia retribuzione3.

Il giorno 9 maggio, poi, il VI battaglione civico, unitamente alla guardia che smontava dal quartiere del Quirinale, portossi dietro l’invito dell’ordine (sic) del giorno antecedente, da Sua Santità, in una delle sale del palazzo pontificio. Il numero dei militi, che oltrepassava ben sei centinaia, dimostrava la curiosità nata in ognuno, ed il desiderio di sentire la voce dell’adorato Sovrano, privilegio accordato nel dì innanzi al XIII battaglione. Ma la curiosità non fu appagata, nè i desderii vennero compiti. La Santità Sua, ammessi al bacio del piede gli ufficiali, ed alcuno fra i militi, comparti a tutti la sua benedizione, e si ritirò, dopo avere accettato dal signor tenente-colonnello Floridi un enorme mazzo di fiori, con la seguente epigrafe dedicatoria, dettata dal milite di guardia Antonio Arigoni:

PIO IX MAXIMO
qui primus
italicae national1tatis fundamenti
pbimum lapidem
ab homine non dirimendum
in aevum
firmissime posuit
flores hosce
animi sui candoris
simbolum et imagines
sexta civicorum acies
ossequio amore veneratione
d. d. d.


  1. Pallade dell’8 maggio, n. 238.
  2. B. Grandoni, op. cit., pag. 198.
  3. G. Spada, op. cit., vol. II, cap. XII; Pallade dell’11 maggio, n. 241