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capitolo settimo 425

il Consiglio dei ministri e inteso anche il volere di Sua Santità che, da quindi in avanti, la sopraintendenza della guardia civica di tutto lo Stato, la quale in prima ritenevasi dal Ministero degli affari esteri, passasse provvisoriamente nelle attribuzioni del Ministero dell’interno.

Intanto i giornali venivano tepidamente predisponendo l’animo delle popolazioni alle prossime elezioni: e pensatamente adopro l’avverbio tepidamente perchè a chi legge, come ho fatto io, i principali giornali romani di quel tempo, e cioè, il Contemporaneo, la Speranza, l’Epoca, il Labaro e la Pallade apparirà chiaro come tale avverbio si addica alla propaganda elettorale di quei fogli, i quali tutti, senza distinzione di partito, erano e si mostravano più che delle quistioni elettorali di due altre quistioni preoccupati, da cui quasi tutta lo loro attenzione e quasi per intero le loro scritture e i loro articoli erano assorbiti, e, cioè l’ondeggiamento della politica interna dei Governi e degli Stati italiani dopo l’Allocuzione papale, e i casi della guerra in Lombardia, della quale i pubblicisti, come quasi tutti gli abitanti dello Stato romano, seguivano con ansia e trepidazione indicibili, le minime vicissitudini.

Ciò nondimeno il giorno assegnato dalla notificazione, pubblicata fin dal 25 aprile, dal ministro Recchi, per la riunione dei collegi elettorali e per la elezione dei cento rappresentanti del popolo al Consiglio dei deputati fu il 18 maggio.

Ma dopo l’Allocuzione del 29 aprile la condizione dell’ambasciatore austriaco, divenuta già difficilissima fin dal 22 marzo, erasi ridotta assolutamente indecorosa e pericolosa per lui.

È cosa strana e singolare la sorte fatta dalla callida e fraudolenta politica del Governo austriaco al conte Rodolfo De Lutzow nella capitale dello Stato romano. E parecchi scrittori notano il contegno da questo rappresentante diplomatico, tenuto a Roma dal 22 marzo in poi, contrariamente a tutte le buone tradizioni, a tutte le regole più elementari della corretta diplomazia. Infatti, il popolo, furente, va ad abbattere gli stemmi di Casa d’Austria, non soltanto ovunque li trova in Roma, ma al palazzo stesso dell’ambasciata e il conte De Lutzow non domanda il suo passaporto: l’esercito pontificio e i volontari, partono pieni di entusiasmo, per la guerra contro l’Austria e il conte De Lutzow