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capitolo settimo | 401 |
Esse si impadronirono delle lettere indirizzate ai Cardinali, e poi, le riconsegnarono intatte; arrestarono il corriere che doveva partire per l’alta Italia, e poi lo lasciarono andare; posero le guardie al domicilio di alcuni Cardinali, ma quelle guardie, non soltanto non recarono offesa, ma servirono di difesa - e il Bernetti, che aveva ingegno ed era scaltro, lo capì - a coloro che ne erano sorvegliati: gridarono viva e morte, come, da che mondo è mondo, le moltitudini, commosse da violente agitazioni, han sempre gridato, ma non torsero un capello a nessuno; non diedero ascolto allo Sterbini e si lasciarono guidare dal Mamiani - il quale ebbe accusa poscia di aver egli impedito, a quei giorni, una rivoluzione1 - e chiesero soltanto, per mezzo di deputazioni, quella soddisfazione che erano in diritto di esigere, in nome dei sacri interessi della patria, offesi e danneggiati irreparabilmente dalla Allocuzione; ecco le gravi colpe delle moltitudini romane, le quali - l’ho già scritto e lo ripeto - eran composte di patrioti e non di preti e non già agli interessi della Chiesa, ma a quelli della patria avevano e dovevano, ragionevolmente in quei supremi momenti, avere unicamente rivolto l’animo e il pensiero.
Onde avvenne che naturali e spontanee sorgessero, dopo che il Papa ebbe pronunciata l’Allocuzione, nell’animo di quelle moltitudini certe domande: «Come! Una nazione che sorgeva per propugnare il più santo dei diritti, quello della indipendenza, era una nazione colpevole? Come! I Croati, che avevano insanguinata l’Italia, erano intangibili, e sopra di essi non ricadeva una sola parola di biasimo? La scomunica, avventata ai Polacchi per causa consimile, si rinnovava, e il Vaticano risugellava l’antica lega cogli uomini della oppressione e della violenza? Mai un conforto pei deboli, per gl’innocenti; sempre un mercato nefando coi conculcatori, coi tiranni?»2
E, sulle scuse addotte da coloro che, sommessamente, tentavano giustificare l’Allocuzione, di fronte alle accuse dei patrioti si rispondeva: Nè importa che il nemico fosse della nostra fede; perchè le guerre giuste sono lecite contro tutti, le inique contro
- ↑ L. Pianciani, op. cit., tom. II, chap. XXII, pag. 416. Cfr. con C. Rusconi, Repub. rom. Introduzione, pag. 11.
- ↑ C. Rusconi, Repubblica romana. Introduzione, pag. 10.