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nazionale quel Papa Pio IX, da loro svisceratamente amato e ammirato, fino a quel di 29 aprile e che essi credevano allora e ne erano convinti - traviato a chiarirsi avversario della guerra di indipendenza non da’ suoi scrupoli, da’ suoi pregiudizi, dalla sua debolezza d’animo e di mente e dalla forza impellente dell’altissimo ufficio, di cui era investito, ma unicamente dalla perniciosa influenza e dalle violenti pressioni adoperate sul suo animo buono, troppo buono, dai Cardinali, dai gregoriani, dagli ambasciatori stranieri e dai gesuiti.

Cosicché, a stretto rigore, secondo il mio giudizio - per quel tanto che esso può valere - considerando le cose là dove avvennero e nel tempo in cui avvennero, mi pare che avesse ragione, dal suo punto di vista, il Papa e che avessero, dei pari, ragione, dal punto di vista loro, i patrioti romani: egli a voler negare il suo assenso alla guerra, essi a volere che, a qualunque costo, egli lo desse.

Ma, badiamo bene però, perché secondo il mio ragionamento, accettate le premesse, bisogna, per ossequio alla logica, accettarne le conseguenze, le quali, ineluttabilmente, conducono a questa conclusione: quell’Allocuzione, lo scoppio della contraddizione che ne fu l’immediato effetto, e il dissidio irreparabile che ne scaturì, e che presto apri un abisso fra i contendenti, condussero ad una matematica dimostrazione: il dogma essere inconciliabile con la libertà, il pontificato cattolico inconciliabile col principato italiano raccolto nella stessa persona, e, per conseguenza ultima e finale, il potere temporale dei Papi inconciliabile con l’unità e indipendenza d’Italia.

Ma, per tornare alla tempesta suscitata dall’Allocuzione par pale, dirò che la notizia diffusasi essere intenzione del Pontefice chiamare alla costituzione del nuovo Ministero il cardinale Ferretti, non era tale da calmare, ma anzi da inasprire gli animi; poiché il Ferretti era caduto, in conseguenza alla proibizione data dal Ministero da lui presieduto alla manifestazione popolare del 1° gennaio; onde il suo nome, tanto popolare il giorno della sua assunzione al potere e, cioè, il 17 luglio dell’anno precedente, era divenuto altrettanto impopolare nell’aprile del ’48.

Fatto sta che la guardia civica, mossa da un energico impulso stintivo, che provava, oltre all’evidenza, tutto il patriottismo e