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capitolo sesto | 365 |
antichissime che quelle divisioni e quelle gelosie degli Stati italiani avevano preparato da parecchi secoli e mantenute; talchè, non essendo ancora finita la influenza delle cause, ne duravano - pur troppo e dolorosamente - ancora gli effetti, che dovevano ridondare tutti e ridondarono a danno della grande impresa, avente per fine la redenzione d’Italia e la quale doveva passare attraverso a quell’ambiente di gelosie, di emulazioni, di scissure, e di discordie, di foghe giovanili e di sconsiderate improntitudini, di subitanei entusiasmi e di facili scoraggiamenti, di errori e di colpe per poter giungere a quella concordia di intenti e a quella maturità di propositi che produssero, nel decennio 1859-70, l’attuazione di quel grande ideale.
Frattanto avvenne a Roma un fatto, che era preparato da vario tempo per le sollecitazioni degli uomini più intelligenti, caritatevoli e liberali; le mura e le porte che recingevano il Ghetto degli Ebrei, separando questi, quasi come appestati, dal resto della popolazione, onde essi erano condannati a vivere ammonticchiati in buie, umide e fetide abitazioni, furono, nella notte dal 17 al 18 aprile, abbattute.
Ecco come il Grandoni, testimone oculare, narra nella sua ingenuità e nel suo stile ampollosamente barocco, l’avvenimento:
«La notte del 17 al 18 aprile segnerà nell’istoria di Pio IX una pagina gloriosa di vero progresso e filantropia. Ciò che dai savi e dai colti da tanto tempo bramavasi al fine si ottenne. Caddero le mura tutte di circuito e con esse le otto porte del claustro israelitico. Assicurato è per tal modo il primo passo all’emancipazione degli Ebrei, e l’antico carcere de’ liberi cittadini è stato distrutto. L’ordine savissimo è dato dal Principe, ma il disgustoso incarico1, affidato al cardinal vicario Costantino Patrizi, che esercita sopra il Ghetto assoluta giurisdizione. Ben cento muratori son già all’opra, diretti dal valente architetto romano Tommaso Bonelli, che contro quelle mura vibrò il primo colpo. Attoniti e timorosi, gl’Israeliti tremarono all’apparire di tante faci, e persone munite di scale e di picche, immaginando esser venuta l’ora, più