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capitolo primo 29

assoluto e severo verso le novità e i novatori e nelle repressioni del ’33 rigidissimo, in Piemonte cominciava, fra il ’44 e il ’45, ad alitare più vigoroso, fra le fortissime popolazioni, il soffio delle riforme e della libertà, talchè se ne risentiva l’alito vivificatore nella reggia. Ad ogni modo potentissima era divenuta e concorde l’opinione pubblica nel Regno subalpino, e, da Genova a Susa, muoveva e cresceva un fermento grandissimo; e in molte guise manifestavasi l’anelito degli animi dei Liguri e dei Piemontesi verso l’indipendenza nazionale, la libertà e la grandezza d’Italia.

Nella Lombardia e nel Veneto, non ostante una buona e ordinata amministrazione, e una certa larghezza tollerante negli studi, e non ostante l’agiatezza goduta dalle popolazioni e proveniente, specialmente in Lombardia, dalla fiorente agricoltura e dalle sviluppate industrie, tenace era e profondo, e quasi unanime l’odio contro il dominio austriaco, e perchè sospettosa e infesta ne era la polizia, e perchè crudelissime erano state e crudeli erano di quel Governo le repressioni contro i rei di amor di patria, e, infine e sopra tutto, perchè dominio straniero.

«Coll’annessione effettuata al corpo dell’Austria di cinque milioni d’Italiani, i quali, per quanto siano docili, governabili e disciplinabili, non diverranno mai Austriaci, nè quasi Austriaci, entrò nelle viscere di quell’impero un sesto o settimo elemento dissolvente. Egli è possibile che il boemo, il galliziano, l’ungaro, il madgiaro, l’illirico, dopo un lungo correre di secoli, si pieghino a germanizzarsi, ma l’italiano giammai; la natura e l’inoltrata civiltà lo vietano invincibilmente. Trent’anni di consorzio politico coll’Austria sono decorsi per Venezia, secoli interi per la Lombardia, eppure non ebbe luogo la fusione delle due nazionalità, ma nemmeno quell’attrito morale e sociale, che può qualche volta tenerne le veci… Forse potrà l’elemento polacco nei secoli avvenire accostarsi al russo-slavo, il portoghese allo spagnuolo, l’irlandese all’inglese, ma l’italiano sarà sempre italiano, perchè la sua nazionalità astratta, morale, letteraria e religiosa è temperata e fusa da venticinque secoli d’una esistenza incancellabile negli annali suoi e in quelli dell’universo intero»1.


  1. Giacomo Durando, Della nazionalità italiana. Losanna, S. Bonamici e C., 1846, cap. XVI, pag. 262.