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capitolo sesto | 337 |
E, perciò, accadde finalmente ciò che logicamente doveva accadere e cioè, che quantunque il Papa difendesse la Compagnia di Gesù e la coprisse col manto della sua popolarità, egli non potè riuscire a impedire che, alla perfine, sotto la pressione della esecrazione popolare, essa soccombesse e che i gesuiti fossero espulsi dai loro conventi in quasi tutte le città d’Italia.
Infatti, fin dal febbraio, i gesuiti furono costretti ad esulare da Sassari e da Cagliari, poi da Genova e da Torino - non ostante la benevolenza e la venerazione che aveva sempre apertamente nutrita per loro il re Carlo Alberto. Nel marzo essi vennero scacciati da Napoli. E, poichè fin dagl’ultimi giorni di febbraio, erano incominciate in Roma le dimostrazioni ostili all’Ordine del Loyola e poichè di quelle dimostrazioni non erano riusciti a calmare l’ardore ed il succedersi i vari monitori papali, alcuno dei quali pur racchiudente oscure e misteriose minaccio o di scomunica contro gli avversari dei gesuiti, o di partenza del Papa da Roma, cosi il Pontefice stesso fini per subire, con manifeste dichiarazioni del suo mal animo, la necessità delle cose, la imponenza delle circostanze1 e, presi gli opportuni accordi col reverendo padre generale, acconsentì che il 31 marzo i gesuiti abbandonassero le loro case di Roma, affidando l’amministrazione dei beni della Compagnia al cardinale Vizzardelli.
Siccome poi intorno al fatto della partenza dei gesuiti piacque ai soliti favoleggiatori Balleydier, De Saint-Albin, Croce ed altri di tessere una rete di bugiarde e inventate avventure, come quella, per esempio, che un gruppo di Trasteverini andasse a offrire protezione e difesa al generale dei gesuiti padre Roothaan, e, che, rifiutato da questo il loro aiuto, i Trasteverini stessi si recassero al caffè delle Belle Arti, ritrovo dei liberali più esaltati, e, minacciando questi, li mettessero in fuga2, cose tutte delle quali non fanno menzione alcuna nè il Colombo, nè il Farini,
- ↑ Sono parole contenute nell’articolo pubblicato nel giornale ufficiale, con cui si partecipa al pubblico, con tutte le espressioni del dolore provato dal Santo Padre, l’allontanamento dei gesuiti. Vedi Gazzetta di Roma del 30 marzo 1848, n. 52.
- ↑ A qualche cosa di simile allude, unico fra tutti gli altri storici non clericali di quella età da me veduti, il Minghetti in una lettera da lui scritta, in data 19 marzo, da Roma, ad una sua carissima amica e da lui riprodotta nell’appendice al, vol. I delle sue Memorie a pag. 389. Donde attingesse quella notizia il Minghetti io non saprei nè affermare, nè ind-