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capitolo quinto 315


Alle 4 pom. di quello stesso giorno imponente processione - la frase è dello Spada - mosse dalla piazza del Popolo e, percorrendo il Corso, si recò in Campidoglio e di là alla chiesa di Ara—Coeli, dove fu cantato da tutto il popolo un solenne Te—Deum in ringraziamento della espulsione dell’esecrato oppressore straniero. Indi la folla trasse al Colosseo ove il padre Gavazzi predicò, con istile gonfio ed enfatico, adatto al luogo o alla circostanza, la crociata contro lo straniero.

Alessandro Gavazzi era nato a Bologna nel 1809. Nel 1824, a soli quindici anni di età, il giovinetto Gavazzi, che aveva già dati non dubbi segni del fervido e poderoso suo ingegno, vestì l’abito dei Barnabiti.

Gli avvenimenti del 1831 scossero profondamente l’anima sua entusiasta: ed egli, dal pulpito del suo convento di Livorno, parlò al popolo libere parole: onde il governatore di quella città, sgomento della calda eloquenza del frate liberale, ottenne che egli venisse trasferito in un convento di Piemonte. E fra il 1832 e il 1834 l’ordine dei Barnabiti, che era, a quei tempi, uno dei più liberali fra gli ordini monastici, inviò questo oratore valoroso dalla voce gagliarda, dall’alta e maestosa figura, dal volto bello di maschia bellezza, contornato da una lunga e fluente chioma nera, a predicare ad Alessandria, ad Asti, a Vercelli, a Genova, a Torino; e, dovunque, la sua parola, inspirata sempre dall’amor di patria, riesciva efficace ed affascinante e destava i sospetti e le paure dei gesuiti, i quali riuscirono a farlo tacere prima, poscia a farlo espellere dal Piemonte. Nel 1839 fu inviato a Parma, non a predicare, ma a disimpegnare il modesto ufficio di cappellano delle prigioni.

Nel 1840 fu inviato a predicare a Bologna, ma, dopo una prima predica, detta l’8 dicembre di quell’anno, tutta ridondante di sentimenti patriottici, fu tenuto in silenzio di nuovo fino ai 1844, anno nel quale ebbe autorità di predicare nell’Umbria; e Perugia, Città della Pieve, Spoleto ed Assisi, udirono la sua infuocata parola, discorrere della passata grandezza d’Italia e delle sue presenti miserie e del duro servaggio.

Onde, sottoposto a processo per ordine di Gregorio XVI, fu relegato in rigorosa prigionia nel convento di san Severino. Ivi stette diciotto mesi, e cioè dal gennaio 1845, fino al luglio 1846;