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capitolo quinto 313

sforzavano il principe di Metternich a dimettersi dall’ufficio di primo ministro e l’imperatore a dare a’ suoi popoli egli pure una Costituzione.

E, non appena a Milano si diffusero le prime notizie della insurrezione di Vienna, nella mattina del 18 marzo incominciò quel movimento di ribellione, che fini in aperta rivolta e i cui fatti audaci segnarono una delle più splendide pagine nella storia dell’italiano risorgimento. Cinque giorni durò quella tenace e meravigliosa lotta fra il popolo quasi inerme e l’agguerrito e formidabile esercito austriaco: le prove di intrepidezza, di fermezza, di valore date dai Milanesi in quei cinque giorni di combattimento, mai interrotto, furono tali da trarre ad ammirazione gli stessi nemici, i quali, sospinti, stretti, incalzati, assaliti di palagio in palagio, di caserma in caserma, furono costretti ad abbandonare la città, per le vie della quale la fiamma dell’amor patrio, divenuta, per furore di popolo, irresistibile, scorreva come lava ardente, distruggitrice del dominio e del nome straniero.

A Roma giunsero, quasi contemporaneamente, le notizie, amplificate ed esagerate della rivoluzione di Vienna e della insurrezione di Milano, della quale, però, non si conobbe la finale vittoria che il 24.

«Giunse ai 21 di marzo la importante notizia di una completa rivoluzione seguita in Vienna il 14 del mese corrente. In seguito di questa assicuravasi fuggito il principe di Metternich, il suo palazzo bruciato, l’imperatore colla sua famiglia posto quasi in ostaggio e costituito un Governo provvisorio»1.

E allora dimostrazioni entusiastiche per la città: le campane di molte chiese suonano a distesa, la gente corre per le vie, esultante; uno abbraccia l’altro: «Viva l’Italia, viva Pio IX, viva Milano, viva i Viennesi! Abbasso Metternich, abbasso Radetscky!» Una bandiera tricolore sventola per le vie e presto qualche altra ne appare alle finestre delle residenze del Circolo romano e del Circolo popolare, del palazzo Canino e - miracolo della paura! - del convento del Gesù.


  1. B. Grandoni, op. cit., 153.