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310 | ciceruacchio e don pirlone |
verno repubblicano - scrive su quella Costituzione: «uno statuto dove regnavano i papi? Non doveva proprio essere il caso dell’Humano capite di Orazio? E, in effetto, qual mirabile mostro non ne scaturì ì Due governi in un governo; dm aziende in una azienda; dite diplomazie in una diplomazia, una occulta, una palese, e quella su questa prevalente. L’ibrida creazione nacque morta e come cosa morta fu accettata»1; un terzo assevera che quello statuto «era un simulacro di Costituzione»2; un quarto che esso era «uno statuto ermafrodito»3; e uno storico-favoleggiatore papalino confessa che in quella Costituzione «Pio IX aveva ceduto meno di ciascuno degli altri sovrani»4.
Ma, comunque, quella Costituzione segnava un passo avanti e fu accolta da tutti con gioia: dal Sacro Collegio dei cardinali, che era mosso dalla paura che in esso suscitava il crescere della marea popolare in Roma e nelle provincie, fu accolto come parafulmine in quella bufera; dal partito moderato come espediente che ad esso darebbe agio di capitanare e dirigere tutto quel movimento; dal partito radicale come mezzo per trascinare il Pontefice a partecipare alla imminente guerra nazionale; e finalmente da parecchi uomini autorevoli del partito mazziniano come gradino per salire alla più ampia attuazione dei loro ideali.
Di che grandi feste furono fatte in tutto lo Stato e più specialmente a Roma e pubbliche dimostrazioni di letizia; e in quelle di Roma primeggiava sempre Ciceruacchio, innamorato sempre, in pienissima buona fede, del suo Pio IX; il quale Pio IX - secondo ciò che afferma, con un po’ di esagerazione,
- ↑ C. Rusconi, Memorie aneddotiche cit., cap. V, pag. 38.
- ↑ R. Rey, op. cit., lib. III, cap. V.
- ↑ C. Tivaroni, op. cit., vol. II, parte VII, pag. 306.
- ↑ A. De Saint-Albin, op. cit., vol. I, cap. IV. Rilevano poi o la inanità effimera, o l’astuzia pretesca, o le contraddizioni e le incongruenze di quella Costituzione il Belviglieri, il Bertolini, il Bianchi-Giovini, il Cappelletti, il Cattaneo, il D’Azeglio, il Farini, il Gabussi, il Miraglia, il Nisco, l’Oriani, il Perrens, il Pianciani, il Pinto, il Raggi, il Ranalli, il Reuchlin, il Ruscoqì, il Ruth, il Saffi, il Silvagni, il Torre, il Vecchi, lo Zaller. — Il Beaumont-Vassy erroneamente afforma che la Costituzione concessa da Pio IX, e che egli loda come sufficiente pei Romani, fosse elaborata dal conte Rossi, il quale invece dichiarò — secondo le affermazioni del Raggi e del Silvagni — che «quella costituzioìie era una guerra legalizzata fra i sudditi e il sovrano». (De Beaumont-Vassy, op. cit., § XXII, pag 313. Cf. con Oreste Raggi, Prose e poesie su Pellegrino Rossi. Imola, G. Galeati, 1876, e David Silvagni, op.cit.).