Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/291

284 ciceruacchio e don pirlone

Nè è a credere - come altri ingenuamente ha opinato1 che Ferdinando II mostrasse docilità in quella concessione di liberali riforme e che sinceramente la facesse: egli vi fu tratto suo malgrado, anche nella speranza di potersi conservare il dominio della Sicilia: ma, fraudolentemente e da quel basso simulatore che egli era, si inoltrò per quella via col preconcetto disegno di ritrarsene, appena se ne offrisse il destro, come più che evidentemente dimostrarono tutti gli ulteriori atti del suo Governo, nei quali mancatore di fede, vassallo dell’Austria, devotissimo alla reazione chiaramente si palesò2.


  1. F. Ranalli, op. cit., lib. VI, pag. 347.
  2. Degli infingimenti, della fallacia, della malafede del re Ferdinando II parlano, concordi, quasi tutti gli storici di questi avvenimenti, Anelli, Belviglieri, Bertolini, Beaumont-Vassy, Bianchi-Giovini, Bianchi N., Brofferio, Cappelletti, Carrano, Colombo, Correnti, Dall’Ongaro, D’Azeglio, De Boni, Del Vecchio, D’Ayala, Dyer,Farini, Gabussi, Gaìani, Garnier-Pagès, Garibaldi, Gavazzi, Gioberti, Grandoni, Guerzoni, La Farina, Lamartine, Le Masson, Leopardi, Mariani, Massari, Mastcheg, Mazzini, Minghetti, Miraglia, Montanelli, Nisco, Oriani, Orsini, Pandullo, Pepe, Petruccelli della Gattina, Perrens, Pinto, Pisacane, Règnault, Reuchlin, Rey, Ricciardi, Rusconi, Ruth, Saffi, Settembrini, Tivaroni, Tommasoni, Torre, Vannucci, Vecchi, Ventura, Webb-Probyn, White Mario e Zeller e sinanco - cosa meravigliosa - lo Spada (op. cit, vol. II, cap. II, pag. 29).
          Ma lo Spada biasima re Ferdinando per il troppo che accordò e si accosta, in questo, al Farini, il quale rimprovera il Borbone perchè «in questa guisa colla soverchia resistenza, colla pertinacia soverchia, poi colla soverchia debolezza e colla fretta soverchia disvia affatto il moto italiano dalle vie di misurato progresso, e balza gli Stati là dove non si pensava che fossero per giungere in tempo breve, tempo che il signor Guizot dalla ringhiera di Francia augurava lontano di dieci anni almeno. E così si chiude in Italia il periodo delle riforme ed incomincia quello delle costituzioni, e si improvvisano costituzioni, si copiano: ognuno fa a chi può far prima e più (op. cit, lib. II, cap. X, pag. 334). E così, fisso sempre nel ritener come assioma evangelico ogni opinione del Guizot, l’illustre storico romagnolo ora biasima Ciceruacchio, ora il Borbone, ora il Guerrazzi, ora il Lambruschini, - sempre per amore del juste milieu, quintessenza della sapienza di Stato - i quali erano rei soltanto di non essere discepoli del signor Guizot e compievano ognuno la piccola missione, che la logica sapiente della storia a ciascuno, secondo le qualità individuali, le origini, l’educazione, gli esempli, la forza determinante dell’ambiente proprio di ciascuno, aveva affidata. Curiosa fissazione questa del Farini che le vicende della rivoluzione italiana dovessero ad ogni costo procedere giusta i preconcetti, le previsioni, e i calcoli del Guizot, il quale quei calcoli faceva secondo gli interessi della sua politica conservatrice e ad uso Metternich e voleva che l’Italia impiegasse dieci anni a divenire costituzionale, solo perchè così tornava comodo a lui! E curioso profeta questo signor Guizot, il quale vuol fissare leggi al nembo, che si è venuto addensando per un trentennio e prescrivere alla folgore, che da quel nembo debbe di necessità scaturire, l’ora in cui deve scoppiare, la via che deve percorrere; e il quale presume di circoscrivere, se-