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280 | ciceruacchio e don pirlone |
italiani, che con mirabile accordo si unirono per seguire la aia delle riforme, debbono oggi abbandonare ogni altra cura, non pensarle ad altro che alla difesa della patria comune e del l’indipendenza italiana. Oggi è stoltezza riposare sulla fede dei trattati, è ignoranza della storia appoggiarsi alla forza della ragione, è vanità fidarsi al potere delle proteste. L’Italia svegliata al suono delle armi straniere si accorge del suo pericolo, e già da ogni lato sorge un grido che chiama i principi a proteggere la minacciata indipendenza colle armi. Già la Toscana riordina le sue truppe, arma in fretta la guardia civica, e si prepara alla difesa; il Piemonte rifiuta il congedo ai suoi soldati, chiama i contingenti e fa armare le sue fortezze; e noi, segno primo all’ira dei nemici del nostro paese, perchè fummo i primi a dare il segnale del suo risorgimento, non dobbiamo oggi restare gli ultimi a prepararci per difendere il principe, le leggi e la patria».
E il Farini osserva - sempre col savio intendimento di far procedere la storia secondo le sue intenzioni e non secondo le necessità logiche della storia stessa: - «Queste non temperate parole facevano ritratto della concitazione degli animi». Bravo! Ma appunto perchè gli animi erano concitati - ed erano concitati per un complesso di fatti immediati e mediati che non dipendevano dalla volontà individuale dello Sterbini o del Farini, del Brunetti o del Minghetti, di Pio IX o del Mazzini - appunto per questo le parole non potevano essere temperate: esse erano tali quali le doveva suggerire la concitazione, che è commovimento d’animo e perturbazione d’intelletto.
Ad ogni modo la petizione fu scritta, come che essa si fosse, e sottoscritta dai principali cittadini e inviata alla Consulta di Stato, la quale, frattanto, non ostante l’opposizione sotterranea che le movevano il Governo e la Curia prelatizia, che la guardavano con sospetto1, spinta dall’opinione pubblica, aveva impreso a disimpegnare il proprio ufficio sul serio; e, dopo aver decretata la pubblicità de’ suoi atti, contro gli espressi desiderii di Pio IX, con diecinove voti contro cinque, ora prendeva l’iniziativa di proposte di legge, e domandava i resoconti consun-
- ↑ P. D. Pasolini, op. cit., cap. IV, pag. 73.