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capitolo quarto 253

colleganza dei principi italiani, con bollo parole e con opportune riserve, avessero rifiutato di aderirvi1.

K poiché giunsero di quei giorni in Roma le prime notizie delle rapide e facili vittorie ottenute dalle milizie federali svizzere, guidate dall’abile generale Dufour contro le forze, allestite per la ribellione dai sette Cantoni cattolici del Sonderhund (alleanza separata), e poiché era noto a tutti come l’influenza dei gesuiti avesse sollevato i Cantoni dissidenti a quella guerra civile, avvenne che la parte liberale romana facesse aperte manifestazioni di gioia per quelle vittorie dei liberali. E, per quanto ciò potesse riuscire spiacevole ai reazionari, ai gregoriani, ai gesuiti e allo stesso Pontefice, era pur tuttavia logico e naturale: i liberali europei, a qualunque nazione appartenessero, dovevano necessariamente allietarsi della vittoria dei liberali svizzeri, appunto per la stessa ragione per cui i reazionari di tutta Europa, qualunque fosse la nazione a cui appartenevano, se ne attristavano.

Sono quindi, obiettivamente considerando le cose, per lo meno inutili, per non dire ridicole, le querele e i clamori che intorno a quelle dimostrazioni romane, avverse al Sonderhund e ai gesuiti, levano il Balbo e il Lubienscki, il Halan e il Balleydier, il De Saint-Albin e lo Spada, e, tratto da considerazioni affatto subiettive, poco dicevoli ad uno storico insigne, anche il Farini, che irrompe, a questo proposito, in una retorica declamazione, quanto inopportuna, altrettanto - secondo le norme di una critica rigorosa - non giusta. Certo sarebbe stato assai meglio che la dimostrazione popolare non si fosse fatta; non c’ó che dire; il Papa non se ne sarebbe turbato, i gesuiti neppure e quella parte di popolazione che vi partecipò, avrebbe dato prova di sapienza politica meravigliosa, palesandosi tollerante e generosa; ma, siccome - dato quell’ambiente e quell’ora e le condizioni e la tensione degli animi eccitati quasi a stato febbrile la dimostrazione popolare doveva inevitabilmente avvenire ed avvenne, perché la sapienza politica non c’era a quei giorni, cosi è inutile pretendere di far procedere gli avvenimenti sto-

  1. Archivio triennale italiano, vol. I, pag. 109; B. Grandoni, op. cit., anno II, pag. 91 e 98; L. C. Farini, op. cit., lib. II, ciip. VII; Pallade dal 12 novembre, n. 97; Contemporaneo del 13 novembre, n. 46.