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capitolo quarto | 223 |
Il giorno 10 ottobre le popolazioni toscane traevano in pellegrinaggio a Gavinana a deporre corone sulla tomba di Francesco Ferruccio.
«Da Firenze, da Siena, da Pistoia, da Pescia, da Prato, da Papiglio, da Marescia, da Piteglio, da Casigliano, da San Marcello accorsero genti molte, che marciarono in plotoni alla volta del famoso castello. Si vedevano molte bandiere, fra le altre la bandiera Gioberti portata da un sacerdote e seguita da sacerdoti, ma tutti gli occhi erano rivolti alla bella bandiera che i Romani avevano mandata in questa occasione per onorare la memoria dell’illustre guerriero italiano. L’ingresso al castello era adorno di archi trionfali, ed iscrizioni bellissime e piene di italiani sensi. Sulla piazza di Gavinana fu gridato viva il Ferruccio tra lo sventolante delle bandiere ed il suono delle bande e delle campane. Fatto silenzio, il signor Mordini leggeva la lettera colla quale i deputati di Roma1 facevano dono a Gavinana. della nostra bandiera. Il professor Arcangeli con calde parole presentò alla deputazione ed al popolo di Gavinana quella di San Marcello ed il Castellini, direttore del Popolo, la bandiera di Siena. Furono fatti plausi iterati a Pio IX, all’unione dei popoli della penisola ed a quanto di più caro possono oggi avere gl’Italiani. Quindi le deputazioni entrarono in chiesa colle loro bandiere che furono benedette, e dopo udito l’analogo discorso del canonico Tozzi e ricevuta la benedizione del Sacramento, si marciò intorno intorno al castello e furono inaugurate le bellissime iscrizioni del dottor Franchini ne’ luoghi più memorabili della fatale battaglia sostenuta con tanto valore dal Ferruccio. Posta l’ultima epigrafe nella terrazza dei Battistini, ove cadde morto il Ferruccio, il signor Pietro Obaldo, preside della deputazione pistoiese, pronunziò calde e generose parole che furono spesso interrotte da plausi vivissimi. Furono lette ancora varie poesie. Tutte le bandiere offerte sono state messe nella chiesa. Nella facciata della chiesa tutti ammiravano un fascio di antiche armi, picche e alabarde del gavinanese Palmerini, gelosamente custodite. fino dai tempi della famosa battaglia»2.