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214 | ciceruacchio e don pirlone |
In quello stesso giorno 8 settembre veniva fuori, per le stampe, la lettera che il fondatore della Giovine Italia, il vero apostolo, il vero precursore dell’unità nazionale, Giuseppe Mazzini, rassegnato a sacrificare i suoi ideali se un principe italiano avesse assunto lealmente l’impresa di liberare la patria e di raccoglierne le sparse membra in una famiglia, indirizzava a Pio IX, come nel 1831 ne aveva indirizzata una consimile a Carlo Alberto.
In quella lettera, improntata alla più calda eloquenza, il profugo genovese, con linguaggio religioso, pieno di un misticismo profondo, eccita Pio IX alla santa impresa:
«Non dite a voi stesso: "se io parlo ed opero nel tal modo, i principi della terra dissentiranno; gli ambasciatori daranno note e proteste". Che sono le querele d’egoismo de’ principi, e le loro note, davanti a una sillaba dell’evangelio eterno di Dio?
«Annunciate un’era, dichiarate che l’umanità è sacra e figlia di Dio; che quanti violano i suoi diritti al progresso, all’associazione, sono sulla via dell’errore; che in Dio sta la sorgente d’ogni Governo; che i migliori per intelletto e per core, per genio e per virtù, hanno ad essere i giudicatori del popolo. Benedite a chi soffre e combatte, biasimate, rimproverate chi fa soffrire, senza badare al nome ch’ei porta, alla qualità ch’ei riveste. I popoli adoreranno in voi il migliore interprete dei disegni divini; e la vostra coscienza gli darà prodigi di forza e di conforto ineffabile. Unificate l’Italia, la patria vostra...»
Era questo un tentativo che, per scrupolo di patriottismo e senza fede nella riuscita, faceva il santo agitatore delle genti italiche, a discarico della propria coscienza e per poter dire a sé stesso: «a tutte le vie mi sono affacciato che adducessero all’altissimo ideale di vedere indipendente, libera, unita la patria; ha tentato anche di spingere un Papa a sentirsi più italiano che cattolico, più emancipatore di popoli e rinnovatore della dottrina evangelica che difensore degli interessi e propugnatore delle tradizioni di una casta sacerdotale?... era proprio visione ingannevole di un’anima mistica che, fervorosamente innamorata e devota del suo ideale, nell’ebbrezza di un’estasi sovrumana, crede possibile anche un miracolo?...».
Sarebbe difficile rispondere, con certezza di coglier nel vero, e all’una e all’altra domanda. Certo è che, nella lettera del Mazzini