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Gli effetti di questa provocazione furono quali forse li aveva desiderati, previsti e calcolati il principe di Metternich: l’esasperazione degl’Italiani giunse al parossismo: la politica austriaca voleva probabilmente attirare a guerra i popoli della penisola prima che essi fossero bene armati, affratellati, temibili e formidabili quali, con un altro anno di preparazione, potevano essere nella lotta per la espulsione dello straniero1.

Ad ogni modo, non ostante questo grosso temporale che si era addensato, all’improvviso, su quel bell’azzurro di dolcezze e di illusioni, la stella di Pio IX non era menomamente offuscata: quantunque egli, forse, non fosse del tutto estraneo alle trame del principe di Metternich, pur tuttavia, tanto era l’affetto che egli inspirava, così inesauribile il tesoro delle speranze riposte in lui, che egli, da quella bufera, uscì illeso, puro, glorificato!




    il Solaro della Margherita e lo Spada, fanatici del papato e di Pio IX, eppure, chi a lungo e chi per brevi cenni, chi per riguardo al diritto, chi sotto l’aspetto dell’opportunità, condannano tutti l’occupazione stessa, solo il Cantù, l’apologista dell’Austria, si affatica a dimostrare, con sofistiche interpretazioni del trattato di Vienna, che il Governo asburghese aveva diritto di occupare non solo la fortezza, ma anche la città di Ferrara (Cronistoria, vol. II, cap. XXXVIII, pag. 128). Cf. con la Storia degli Italiani dello stesso autore, ediz. citata, vol. XIV, cap. CXC, dove egli, più audacemente ancora, senza alcun ragionamento, senza ombra di documenti e di prove, riafferma autocraticamente che in tutto ciò non eravi di vero se non che voleasi farlo credere.

  1. N. Bianchi, op. cit, vol. V, cap. I, § 8. Cf. Guizot, op. cit., vol. VII cap. XLVI; C. Cantù, Cronistoria, vol. II, cap. XXXVIII, pag. 728, ’729.