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a Termini alla messa solenne e al panegirico di Pio IX, detto dal P. Serini1.

Il 13 maggio era il giorno natalizio di Pio IX, e nel tempo stesso, ricorreva in quel giorno la festa dell’Ascensione, e il Papa recavasi a celebrarla nella chiesa di san Giovanni in Laterano. Quindi due popolari imponentissime manifestazioni, la cui solennità e spontaneità non è messa in dubbio neppur dallo Spada2, avvennero una sulla piazza del Laterano e l’altra al ritorno del Pontefice sulla piazza del Quirinale. La carrozza di Pio IX procedette, lungo la via, sotto un nembo di fiori che venivano gittati dalle finestre e dalle loggie. Al Quirinale benedizione papale: alla sera splendida luminaria per tutta la città.

Ma quanto più si mantenevano vive l’animazione e l’affetto pel Pontefice nel popolo e tanto più crescevano le insidiose trame della vecchia Curia per rompere, se fosse dato, quell’armonia fra popolo e principe. Ed ecco monsignor Grassellini, governatore di Roma, ufficio equivalente a quello di ministro di polizia, intimare, con belle maniere, al marchese Dragonetti di allontanarsi da Roma. «Era quest’uomo per dottrina e gentilezza di modi quasi generalmente stimato, e veniva riguardato dai liberali come uno dei martiri della libertà. Scrittore egregio, lavorava nel Contemporaneo; e uomo di felice elocuzione, non si ristava dal frequentar banchetti, circoli e popolari riunioni»3.

E poichè tale era l’uomo, e non si vedeva quindi quale ragionevole motivo potesse consigliarne al governatore di Roma lo fratto dalla città, surse naturale e si diffuse il sospetto che questa decisione fosse conseguenza di pressioni esercitate sulla romana dalla polizia napolitana, onde nacque un forte commovimento nell’opinione pubblica: al Circolo romano si parlò alto contro questo ingiustificato e ingiustificabile arbitrio della polizia, che lo stesso Spada non sa come scusare. Infine la forza dell’opinione in favore del colto gentiluomo ed onorando esule napoletano fu così vigorosa che monsignor Grassellini fu costretto a ritirare l’ordine dato, ma «intanto facevasi sapere dal

  1. Contemporaneo dell’8 maggio, n. 19.
  2. G. Spada, op. cit., vol I, cap. XIII.
  3. Lo stesso, op. cit., vol. I, cap. XIII, pag. 224.