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capitolo terzo 157

velli; o se ciò credere non si voglia, surse certo, lui governante la polizia»1.

Ne fu per lungo tempo presidente Pietro Sterbini, ne fu presidente onorario Vincenzo Gioberti, il cui nome fu poi, come si vedrà, cancellato dall’elenco dei soci con una violenta deliberazione; ne fu pure quasi perpetuo vice-presidente il romano dott. Tommaso Mucchielli, uno dei più chiari medici della provincia, uomo di carattere aperto, rude e forte, avversario tenacissimo dei preti e grande zelatore di libertà; ne furono segretari G. B. Polidori, il dott. Felice Scifoni, romano, amnistiato, il dott. Pietro Guerrini ed altri valorosi giovani.

Oltre trecento romani, di ogni classe e condizione, il fiore della gioventù e della cittadinanza, il principe di Canino, il duca Marino Torlonia, Livio Mariani, i due Calandrelli, il Montecchi, il conte Luigi Pianciani, Carlo e Virginio Armellini, monsignor Muzzarelli, il Guerrini, il Meucci, gl’ingegneri Ignazio Palazzi, Giovanni Angelini e Mariano Volpato; Bartolomeo Galletti, Natale Del Grande, Giuseppe Gallieno, Salvatore Piccioni, Giuseppe Benai, gli avvocati Romolo Federici, Rinaldo Petrocchi, Antonio Fabi, il maestro di musica Eugenio Terziani, Michelangelo Pinto, i medici Feliciani e Sani, i chirurgi Corsi, Ceccarini e Pestrini, il gioielliere Fortunato Castellani, suo figlio Alessandro, Niccola Carcani, il marchese Sacripanti e molti altri valorosi romani vi appartennero. E vi appartennero inoltre un centocinquanta cittadini delle altre Provincie dello Stato, e un centinaio di valentuomini delle altre regioni italiane, come, ad esempio, il marchese Orazio Antinori e il dott. Luigi Masi dì Perugia, il Rusconi, il Gavazzi e il Galletti di Bologna, il banchiere Cesare Berretta di Ancona, i marchegiani Politi e Tommasoni, Angelo zzi ravennate, il dott. Sisto Vinciguerra di Frosinone, il Cannonieri di Modena, il Dall’Ongaro, il De Boni e tanti e tanti altri.


  1. Cosi il Farini, op. cit., vol. I, lib. II, cap. VIII. Io credo di aver trovato la segreta ragione che spiega il favore accordato da monsignor Savelli allla istituzione del Circolo popolare nel fatto, desunto dall’analisi del processo contro gli uccisori del conte Pellegrino Rossi, che alcuni, fra gli inscritti nel Circolo suddetto, erano confidenti della polizia, cui andavano a riferire tutto ciò che là dentro si faceva e diceva, come diffusamente dimostrerò nel volume che susseguirà immediatamente al presente e intitolato: Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana.