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Così un insigne scrittore cui un altro insigne storico fa eco:

«Chi di tutta questa agitazione italiana ricercasse accuratamente e con intendimento la cagione, la troverebbe nel desiderio, anzi nel bisogno di liberare la patria dalla tirannide forestiera. Le riforme erano meno bramate come fine che come mezzo di indipendenza: speravasi da loro nascerebbe la concordia fra principi e popoli; da questa una lega italiana; e dalla lega la liberazione d’Italia»1.

Onde Pietro Sterbini, nel cui inno, da cima a fondo, fiammeggia la sanguigna facella dell’odio inestinguibile contro l’austriaco, riflette, ne’ suoi versi, i sentimenti di odio che fremevano nell’animo delle moltitudini; e allorchè egli dichiara di avere detestato la religione cattolica ed afferma di essere presto a tornare al tempio e ai piedi degli altari, esso riproduce fedelmente il soffio di un’altra aura dominante in quel clima storico, nel quale, «a vero dire, la parola del perdono, scesa dalla cattedra di san Pietro nelle anim£ umane, ne aveva ricongiunte molte col cielo; l’umanità e la pietà di cui il Vicario di Cristo dava luminoso esempio, avevano risvegliato il sentimento religioso, e molte coscienze si erano confortate, tranquillate per la benedizione di un papa amico dei progressi della civiltà cristiana... Le virtù, i benefizi del capo della cattolicità avevano redenti molti spiriti indevoti, scettici o torpidi»2. Fatto questo, che è solennemente confermato da molti degli scrittori dell’italico risorgimento, e specialmente dal Silvagni, il quale scrive: «In pochi mesi Pio IX riconciliò alla Chiesa romana dissidenti e filosofi, guelfi e ghibellini, maomettani e scredenti; nessuna occasione si presenterà mai più alla Chiesa romana per iniziare il desiderato stato di un solo ovile e di un solo pastore»3.

Il che è pienamente assentito anche dal Cattaneo: «Il nome di Pio IX aveva congiunto in uno la coscienza del fedele e quella del cittadino, le quali una dottrina sacrilega e vile

  1. G. La Farina, op. cit., vol. II, lib. III, cap. III in fine. Altri cinquanta storici e scrittori di quegli avvenimenti ripetono lo stesso concetto perchè constatano un fatto storico irrefutabilmente vero.
  2. L. C. Farini, op. cit., vol. I, lib. II, cap. III, pag. 181.
  3. D. Silvagni, op. cit, vol. III, cap. XIV.