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capitolo terzo 147


In uno dei volumi di una preziosa miscellanea di scritti, opuscoli, foglietti e poesie di quei tempi 1, che ho sottocchio v’ha, fra molte altre poesie, un’ode, stampata alla macchia, senza indicazione nè di città, nè di data, nè di stamperia, da un anonimo, non più giovane; ode che, per molti riguardi, merita di essere riprodotta. Anzitutto perché, non ostante molti brutti versi e parecchie volgarità, improprietà e sgrammaticature, e non ostante l’affannoso e gonfio stile retorico, c’è in quell’ode un movimento lirico che invano si cerca spesso in odi limate e levigate; in secondo luogo per l’ardentissima fiamma di amor patrio che in quei versi divampa; in terzo luogo perchè quell’ode rispecchia perfettamente le condizioni e i sentimenti dell’ambiente, e da ultimo perchè il canto, dettato da un uomo poco tenero pel Papato, ha chiaroveggenze quasi profetiche su ciò che

    seguono: «Ma di fatto aveva contribuito a rendere odiosi i nobili coll’adoperarli per intermedi ed esecutori delle vessazioni sulle plebi, e messili in sospetto a queste come riluttanti nell’emanciparle». che cosa poteva fare di più sottilmente infernale dunque l’Austria in Galizia? O di che era dunque accusata se non di ciò? E di che si scagionò dunque in modo da persuadere l’umanità fremente di non avere essa promosse e incitate quelle stragi? Potè scagionarsi soltanto di qualche esagerazione nei particolari sparsi fra le accuse de’ suoi nemici, ma non potè scagionarsi della parte sostanziale di quelle terribili accuse, che lo stesso Cantù poi, due linee dopo, è costretto ad ammettere come cose di fatto. Manifesta contraddizione è il voler scagionare l’Austria e poi affermare che essa premiò quelli che rimasero in fede, punì con numerosi supplizi i sollevati frenò con la legge marziale il paese, eccessi nei quali — egli stesso aggiunge e confessa — pur troppo sono associati i nomi di Ferdinando d’Este e del lombardo generale Serbelloni! E che cosa poteva fare di meglio e di più il Ooverno austriaco per conservare intatto il nome di Governo sanguinario e feroce? È ammirevole poi che l’illustre Cesare Cantù, così fiero e inesorabile nel declamare contro le esecuzioni e le fucilazioni, allorchè sono ordinate dalla Convenzione e dal Comitato di salute pubblica in Francia nel 1792 e ’93, le trovi poi così giuste, così legittime e naturali allorchè le ordina il Governo austriaco, di cui egli si onora di farsi l’apologista.
          Tutto il contesto dei periodi del Cantù manifesta apertamente le velenose e gesuitesche insinuazioni, per le quali si tenta di porre in dubbio che l’Austria dal 1815 al 1860 commettesse misfatti in Italia, quasi o repressioni brutali e ferocissime realmente non avvenissero, o, pure essendo avvenute, ad altri che all’austriaco Governo dovessero essere imputate.
          Ecco a quali passi può indurre la passione e l’odio mal celato contro l’Italia ricostituita, un uomo dell’ingegno e della dottrina del Cantù!

  1. Questa miscellanea, composta di tre volumi appartiene all’egregio cav. Achille Trucchi, impiegato del Municipio di Roma, il quale gentilmente me ne ha consentito l’uso. Essa fu raccolta dal padre suo, un antico liberale romano, ed è preziosa perchè composta di tutti foglietti volanti. Ogni volta che avrò bisogno di citarla, la indicherò col titolo di Miscellanea Trucchi.