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136 | ciceruacchio e don pirlone |
principe Carlo Bonaparte di Canino, il marchese Lodovico Potenziani, il dottor Luigi Masi ed altri notevoli, o per la nobiltà dei natali, o per il loro valore negli studi scientifici, economici e letterari1.
Il giorno 22 poi il Cobden fu ricevuto dal Pontefice e usci dall’udienza «pieno della più alta ammirazione e gioia»2.
Il giorno 8 febbraio giunse in Roma, evidentemente per diffondere nelle correnti di quel movimento liberale, aure favorevoli al suo re Carlo Alberto, il marchese Massimo D'Azeglio, che parecchi anni innanzi aveva tenuto dimora in Roma e vi aveva numerose aderenze ed amicizie. Il nome di lui, già divenuto popolare per i suoi romanzi: La diffida di Barletta e Niccolò de' Lapi, era cresciuto in fama presso il partito liberale romano, dopo la recente pubblicazione dell’opuscolo: Degli ultimi casi di Romagna. Naturale era quindi che i suoi ammiratori desiderassero festeggiare la sua presenza in Roma, e che da essi gli venisse, quindi, offerto un banchetto. Il quale fu tenuto la sera del 9 febbraio successivo nelle sale della nobile società del Casino al palazzo Sciarra, di cui il D’Azeglio, fin dalla precedente sua dimora in Roma, era socio.
I quaranta commensali accolsero il marchese D’Azeglio col più grande entusiasmo. L’autore del Niccolò de" Lapi pronunciò un breve e applauditissimo discorso, in cui, dopo avere esaltato Pio IX, rivolse agli adunati le più calde esortazioni di moderazione, osservando che «da chi vuol fare trionfare un’opinione si deve avere non troppi nemici, e per avere un minor numero di nemici conviene offendere un minor numero di interessi; e ciò si ottiene solamente con la moderazione . . . . . . . Conviene specialmente promulgare le verità con forza, senza paura e a viso scoperto, perciocchè il parlar verità è cosa buona, ma nelle tenebre e nel mistero non ottiene mai l’effetto della luce e della franchezza. La responsabilità dell’uomo onesto, che aggiunge il suo nome alla verità che propaga, è sempre di peso gravissimo! . . .».