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capitolo terzo | 133 |
Su rompete le vaue dimore, |
Il pontefice ascoltò attentamente l’inno, ribenedisse la folla fra fretici applausi, e si ritrasse dalla loggia1.
Il 1° dell’anno 1847, pur vigendo nello Stato romano la censura della stampa, vide la luce il Contemporaneo, già annunciato fin dal 17 settembre, giornale di grandissimo formato - durante il primo anno della sua pubblicazione il foglio misurava 62 centimetri di lunghezza per 45 di larghezza - dei cui primi quindici numeri si dovette pubblicare una seconda edizione Il giornale, durante il primo anno, usciva ogni sette giorni. Il programma, in cui questo periodico annuncia che esso è «giornale di progresso, ma temperato, quale sospirano i buoni e consigliano i sapienti, ed è voluto dal principe ottimo ed è richiesto ai bisogni e all’aspettazione del pubblico», è sottoscritto da monsignor Carlo Gazzola di Parma, dal marchese Luigi Potenziani, ricchissimo proprietario di Rieti, da Federico Torre di Benevento e dal dottor Luigi Masi di Petrignano, di cui ho già favellato.
Ne erano collaboratori il dottor Pietro Sterbini di Vico Laziale, il marchese Luigi Dragonetti di Aquila, il professore Filippo Ugolini di Urbania, il dottor Cesare Agostini di Foligno, il professore Luciano Scarabelli di Bologna, il dottor Tommaso Tommasoni di Fano, il dottor Eusebio Reali di Assisi, l’avvocato Achille Gennarelli da Fermo, e gli avvocati Carlo Armellini e Rinaldo Petrocchi, ambidue di Roma.
Il giornale trattava di politica, di economia pubblica, di
- ↑ Parlano con entusiasmo di questa imponente dimostrazione, oltre il Gigli che minutamente la descrive, il Gualterio, op. cit, vol. VI, capitolo XII (il quale fa ascendere i dimostranti ad oltre 30,000 persone); il Grandoni, op. cit., pag. 36 e 37; il Colombo, op. cit., pag. 33, 34 e 35; ne favellano pure il Farini, op. cit., vol. I, lib. II, cap. III; il Ranalli, op. cit., vol. I, lib. I, e parecchi altri. Cf. con l’articolo del Contemporaneo (n. l e 2, dal 2 al 9 gennaio 1847), intitolato: Il primo dell’anno i847, firmato dal marchese Luigi Dragonetti.