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capitolo secondo | 111 |
lungo, poesia di Angelo Maria Geva, musica del maestro Moroni.
Le folla di popolo, con fiaccole, concerti musicali e bandiere, trasse nuovamente al Quirinale a chiedere la benedizione papale.
Pio IX apparve sulla loggia, contemplò lungamente quello straordinario, meraviglioso spettacolo, benedisse la folla plaudente e si ritrasse commosso e pensoso, avvegnachè avesse già cominciata ad aleggiare intorno a lui quell’aura susurratrice assidua di insidiose osservazioni e di velenose insinuazioni, suscitatrice perseverante di politici sospetti e di scrupoli religiosi, aura che avvelenava quelle gioie e quei tripudii del debole Pontefice, il quale già, confusamente, presentiva la lotta terribile impegnatasi fra la curia ed il popolo, fra la reggia e la piazza e già, confusamente, intuiva, come egli, avvolto ormai nelle spire di quel vortice, oppresso sotto il peso del duplice ufficio, tirato a destra ed a sinistra, sospinto qua e là, non potrebbe uscire ad ogni modo da quel bivio fatale che rotto, menomato e disfatto.