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Giuseppe Rosi, nato ad Ussito di Visso, provincia di Macerata, nel 1797 da agiati agricoltori, possessori di mandrie, dopo avere imparato a leggere, a scrivere, a conteggiare, e, dopo che aveva meravigliato i suoi maestri per la grande facilità sua nell’apprendere e per la prontezza e tenacità della sua memoria, fu avviato alla campagna e posto a vigilare gli armenti. E fu là, negli ozi del pascolo, che il giovinetto Rosi, con una larga lettura dei nostri principali poeti e anche di parecchi storici, venne svolgendo le sue naturali facoltà e la vena improvvisatrice: onde, mano mano, le sue poesie, gonfie del retorico turgore allora prevalente, vennero assumendo atteggiamenti quasi artistici, e piacquero immensamente ai volghi che, attoniti, le stavano ad ascoltare, perchè esse avevano un’impronta ingenua di spontaneità, un candore primitivo, una freschezza silvestre che loro derivavano dallo spontaneo impeto lirico del poeta; Il quale, alto della persona, dalle forme gagliarde, dalla maschia e aperta fisonomia, si levò in grido di valoroso, e fu notissimo sotto il nome di Poeta pastore fra le popolazioni dell’Umbria e del Lazio.

Anche il Rosi nel 1831 si trovava ascritto alla Carboneria; anch’egli fu annoverato fra i seguaci della Giovine Italia, onde, dolce e mite d’indole, benchè saldo di carattere e coraggioso, cominciò a levare a cielo, con le sue ottave e con le sue canzoni, il nuovo Papa, che appariva sulla scena politica in sembianza di iniziatore del patrio risorgimento.

E del resto è chiaro che i Romani, assuefatti alle frenesie reazionarie di Leone XII e alla rigida immobilità e insensibilità di Gregorio XVI, dovessero rimanere stupefatti, e, riavutisi dalla meraviglia, entusiasmati da un papa che, come Pio IX, fin dai primi suoi atti, sembrava l’aspettato, il desiderato, e profetato da Gioberti, messo da Dio alla liberazione e rigenerazione d’Italia. Naturale quindi che tutti, anche gli ostinati ghibellini, anche i repubblicani intransigenti, gridassero, in buona fede, al miracolo.

Perchè il grand’uomo, nella storia, non si fa tanto da sè quanto lo fanno gli altri. Sono le circostanze esteriori, le idee, le aspirazioni, i bisogni morali e materiali, l’ambiente, insomma, di una data età che conferiscono forza, virtù, grandezza all’uomo che sorge, e debbo sorgere, ad effettuare quelle idee, quelle