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capitolo secondo 103

Il dottor Luigi Masi, nato a Petrignano, presso Perugia, nel 1814, e al quale natura aveva largito prontissimo l’ingegno, vivace la fantasia, facile ed efficace la loquela, compiti i primi studi a Perugia, venne a Roma ad apprendere medicina nella università romana, ove fu laureato nel 1840. Entrò in dimestichezza col principe Carlo Luciano Bonaparte di Canino, e ne divenne il segretario. Si unì con impeto di calda ammirazione ai laudatori del nuovo Pontefice, cui, nei ritrovi, nei comizi, nei banchetti, andava dedicando le fiorite e vivaci sue improvvisazioni.

Giuseppe Benai ebbe i natali in Roma nel dicembre 1817. Uscito di popolana e povera famiglia, non potè neppur compire il corso degli studi; che, di buon’ora, dovette procacciarsi una occupazione come computista, la quale gli desse i mezzi di sussistenza. Era alto, snello e assai magro della persona, il volto a linee regolari, gli occhi vivi e intelligenti. Era uomo franco e risentito, leale, un po’ ruvido, gioviale, motteggiatore. A contatto di Niccola Carcani e di Mattia Montecchi, fu presto conosciuto per la fermezza dell’animo, per la serietà dei propositi e per l’ardore de’ suoi patriottici sentimenti, e noverato fra gli affratellati della Giovine Italia. Fin dai più teneri suoi anni era trascinato da una naturale tendenza a verseggiare in dialetto.

Innamorato dei sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli, si fece di quelli un modello, e, pur serbando netto ne’ suoi versi il carattere della propria individualità, dava fuori, di tanto in tanto, saporiti sonetti fra le liete brigate di Monticiani, di Regolanti e di Trasteverini e, al suono dei tintinnanti bicchieri, insinuava in quelle anime i principi nuovi di progresso e di libertà.

In quelle riunioni egli conobbe Ciceruacchio, e in quelle riunioni acquistò quella influenza che esercitò poi sempre sopra molti popolani.

Da prima inneggiò sinceramente a Pio IX, poi, mano mano che il prete sopraffaceva in questo il cittadino e il Pontefice cattolico il principe liberale, cominciò a satireggiare i gregoriani e i reazionari, che attorniavano e aggiravano il Pontefice, e fini, poi, col volgersi addosso allo stesso Papa fattosi, da Gaeta, banditor di eccidi e di ruine sulla patria.