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capitolo secondo 101

Lo siegue dei vecchi il pianto, il dolore.
Lo siegue il lamento del figlio, che muore
In seno alla madre, che ieri spirò.

   Serrate nell’armi, saliti gli arcioni
Si muovon le altere romane legioni,
Secure segruendo dell’aquila il vol.
Risuonano intorno percosse le valli
Dall’urto» dall’onda di fanti e cavalli,
Si avanzano, e immense ingombran il suol.

   Oh nuova tenzone crudele tremenda!
U’ vengono in guerra con varia vicenda
L’audacia dei vinti, de’ forti il valor.
Combatton per quelli la rabbia, la fame,
Per questi di (gloria le fervide brame.
Gli sdegni imprecati d’un Dio punitor.

   Sionne ruina, si compie sua sorte.
Pei Fori, pei trivii passeggia la morte,
Penetra i sepolcri, profana l’altar.
Iniqui che schermo del Tempio vi fate,
Al sangue del giusto iniqui pensate,
Poi l’ira del Padre venite a placar.

   Addoppia, o Levita, i lunghi ululati,
Il sangue di agnelli sull’ara svenati
Il ferro di Roma ai tuo mescerà:
È falco rapace che stassi in vedetta
Di un Nume sdegnato l’orribil vendetta:
Ei scende, e il nemico più scampo non ha.

   Beate! felici! le madri, le spose
Fra immensi martiri, fra angosce affannose.
Dai lunghi digiuni condotte a morir.
Beata! felice la sterile odiata!
Felice la madre, che tolse affamata
Le carni del figlio sé stessa a nutrir!

   Le mura crollanti, le fiamme stridenti.
La gioia dei forti, dei vinti i lamenti,
L’inutile rabbia, il vano pregar,
Al pianto, all’addio gli schiavi tornanti,
Le torri, i palagi, cadute, fumanti
Di un Dio la vendetta a Tito annunziar.

   Un giorno vantavi, superba Sionne,
Le salde del Tempio eccelse colonne.
Pili il Tempio di Dio, tuo vanto non è.
Infranti i Cherùbi, l’altare disfatto.
In cener conversa è l’arca del patto,
Spezzata la legge donata a Mosè.

   Lasciate la tombe, Veggenti di Giuda:
La putta sfcciata, Sionne la cruda.
Che perfida i cento Profeti svenò,
Or vede l’orrenda bestemmia avverata.
Con che de’ suoi ladri la stirpe esecrata
Il sangue di un Dio sui figli chiamò.